Emergenza fiscale per contribuenti già alle corde
Il direttore dell’agenzia delle Entrate in audizione alla Camera ha ventilato la possibilità di 8,5 milioni di notifiche
Dall’emergenza sanitaria all’emergenza fiscale: lo scenario per la seconda parte del 2020 è stato tratteggiato mercoledì alla Camera dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. Secondo Ruffini sarebbero 8,5 milioni (un numero che appare esorbitante) le notifiche di atti da perfezionare tra giugno e dicembre, fra accertamenti, lettere di compliance e avvisi bonari. Questo, secondo Ruffini, per la cancellazione della proroga di due anni dei termini di accertamento. I due anni in più per l’attività di controllo dell’Agenzia erano stati previsti dal decreto Cura Italia, con una differenza di trattamento rispetto alle sospensioni riconosciute ai contribuenti. Versione poi modificata. Ora, per l’Agenzia, la cancellazione dei più ampi termini di accertamento per il 2015 impone di provvedere all’invio di milioni di atti. E Ruffini ha chiesto di ridare all’amministrazione termini più lunghi.
La norma correttiva ha sofferto le difficoltà di un percorso parlamentare convulso e non brilla per chiarezza. Ma ha un merito: cancellare una disparità evidente fra Fisco e contribuenti in relazione ai tempi per l’invio degli atti legati all’accertamento (prorogati di due anni) e i tempi per gli adempimenti (rinviati di qualche mese).
A questo punto il quadro che si pone davanti ai contribuenti e all’amministrazione resta molto difficile. L’Agenzia invierà atti a contribuenti che spesso non avranno risorse per fare fronte ai debiti con il Fisco e sceglieranno la strada del contenzioso, utilizzando tutti gli strumenti per rinviare i pagamenti.
Trovare un punto di equilibrio è compito della politica, che in ogni caso non può assistere, senza far nulla, alla prospettiva di una grandinata di atti di contestazione da parte del Fisco.
La norma del Dl Cura Italia è certamente migliorabile. E una miniproroga “paritaria” potrebbe portare qualche beneficio, con la dilazione in qualche mese in più degli atti in scadenza nel 2020.
Il punto, però, è che l’Agenzia, al di là dei numeri e delle drammatizzazioni, dovrebbe porsi due obiettivi. Da un lato, avere la consapevolezza del periodo difficile che vivono contribuenti e imprese e usare il potere di accertamento con tutta l’attenzione possibile, senza farsi trascinare solo da ragioni di recupero del gettito. Anche per non offrire sponde alla già allettante strada del contenzioso. Dall’altro, l’Agenzia potrebbe usare nel modo migliore gli strumenti ordinari che le consentono di sospendere gli effetti dei propri atti.
Resta il dubbio, poi, che le parole di Ruffini contengano anche un messaggio più radicale: la mole di contestazioni e lo stock di cartelle nel magazzino di Riscossione potrebbero giustificare una nuova procedura di regolarizzazione, magari basata su un effettivo contraddittorio sull’imposta dovuta.
In ogni caso restano fermi alcuni principi: la norma che affidava due anni in più per i controlli era sicuramente ingiusta. Le soluzioni vanno cercate nel solco di scelte all’insegna dell’equità.
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di Eugenio della Valle