Imposte

Enoturismo, forfettario anche per i non agricoli

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di Gian Paolo Tosoni

L’attività enoturistica ha natura di attività agricola connessa se svolta dalle imprese agricole, ma è esercitabile anche da imprenditori del settore agroalimentare. È in arrivo il decreto interministeriale che regola l’attività di enoturismo (introdotta dalla legge 205/2017, articolo 1, commi da 502 a 505). Secondo la norma, l’enoturismo consiste nella conoscenza del vino con attività espletate nel luogo di produzione, visite nei luoghi di coltura e di produzione, di esposizione degli strumenti utili per la coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti e iniziative di carattere didattico e ricreativo nell’ambito della cantina.

La bozza di decreto interministeriale insiste anche sulle attività formative e informative rivolte alle produzioni vitivinicole e la conoscenza delle indicazioni geografiche (DOP, IGP), nonché sulle attività di carattere didattico aventi ad oggetto la storia e la pratica della attività vitivinicola ed enologica, compresa la vendemmia didattica. Sono ovviamente comprese le attività di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali con l’abbinamento di alimenti (freddi).

Il decreto porta la rubrica «linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica». Il provvedimento impone l’apertura settimanale o stagionale con un minimo di tre giorni comprendendo anche i festivi; gli operatori devono essere dotati di strumenti informatici per le prenotazioni, devono dare visibilità con cartellonistica che indichi la attività, le brochure vanno stampate in almeno tre lingue e devono evidenziare le attrazioni turistiche della zona. Inoltre gli ambienti devono essere dedicati ed attrezzati per l’accoglienza e gli addetti, titolari o dipendenti devono essere preparati. La degustazione deve essere fatta con calici di vetro o altro materiale che non alteri le proprietà organolettiche del prodotto.

La degustazione (il decreto non usa mai il termine somministrazione) dei prodotti vitivinicoli deve essere accompagnata con prodotti agroalimentari freddi. Gli alimenti devono appartenere alle produzioni tipiche regionali in cui è svolta l’attività enoturistica; dalla attività di degustazione sono escluse le attività che prefigurano un servizio di ristorazione.

Non si può escludere però che una azienda agricola vitivinicola sia anche autorizzata alla attività agrituristica. In questo caso il decreto ricorda che le imprese agricole devono rispettare le relative disposizioni per ciascuna attività svolta (enoturismo, agriturismo, fattoria didattica).

Il decreto non entra nella materia fiscale. Al riguardo il comma 503 della legge di Bilancio 2018 dispone che per queste attività si applica la normativa fiscale dell’agriturismo e cioè la determinazione del reddito pari al 25% dei ricavi conseguiti mentre l’ Iva è detraibile nella misura pari alla metà di quella applicata sulle prestazioni (articolo 5 della legge 413/1991). Le prestazioni enoturistiche sono soggette a Iva al 22%. La detrazione forfettaria del 50% si applica soltanto alle imprese che esercitano una attività agricola richiamando al riguardo la direttiva comunitaria. Questa precisazione farebbe supporre che per la attività enoturistica, il regime forfettario che prevede la determinazione del reddito nella misura del 25% dei ricavi, potrebbe applicarsi anche alle imprese non agricole. L’inizio di attività dell’enoturismo deve essere comunicata al comune di competenza con la Scia.

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