Controlli e liti

Errore formale per il maggior credito dichiarato ma non utilizzato

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di Alessandro Borgoglio


Qualora il contribuente, dopo aver utilizzato parzialmente un relativo credito mediante compensazione con altro tributo, negli anni successivi continui a dichiararlo in misura superiore alla residua parte spettante, non è configurabile una violazione equiparabile all’indebito o fraudolento uso di tale credito se all’irregolarità formale della dichiarazione non segua il mancato versamento di imposte, cui solo è riconducibile un concreto danno erariale, non potendo ipotizzarsi un tentativo di illecito fiscale qualora il contribuente tenga una condotta in buona fede e non ponga in essere atti diretti all’utilizzo del maggior credito erroneamente riportato nelle dichiarazioni successive. È questo il principio di diritto ribadito dalla Cassazione, con la sentenza 14178/2019.

Una società aveva maturato un credito Iva nel 2003, che aveva poi parzialmente utilizzato in compensazione nel 2004, se non che nel modello Unico 2005 aveva erroneamente indicato l’intero credito del 2003, dimenticandosi di indicare anche quello già utilizzato in compensazione. A seguito di controllo automatizzato, sulla base del raffronto tra le varie dichiarazioni annuali, veniva emessa la cartella di pagamento con la quale veniva contestato l’omessa versamento Iva.

Secondo la società si trattava di un errore soltanto formale, che non avrebbe comunque determinato alcun danno per l’Erario, avuto conto del fatto che le compensazioni di cui è stata omessa l’indicazione sarebbero state regolarmente effettuate, e che anche negli anni successivi la società stessa avrebbe vantato un ulteriore credito, e che, infine, quel credito Iva erroneamente esposto in dichiarazione non sarebbe stato né chiesto a rimborso, né compensato; peraltro, l’errore non sarebbe stato emendabile, perché dello stesso la società avrebbe avuto consapevolezza solo a seguito della comunicazione di irregolarità successiva alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa.

La Suprema corte, riprendendo la recente Cassazione 2882/2017, ha stabilito che la mera irregolarità relativa alla dichiarazione del credito Iva non può concretizzare un effettivo illecito avente a oggetto il mancato versamento di imposte, occorrendo che l’illecito sussista effettivamente e che abbia causato un concreto danno erariale.

Nel caso esaminato, il collegio di merito si era erroneamente limitato ad affermare che la mancata indicazione delle compensazioni già effettuate aveva comportato la dichiarazione di un credito Iva in realtà inesistente, credito soggetto a potenziale consolidamento, con conseguente possibilità di ottenerne la liquidazione, mentre invece il collegio avrebbe dovuto tenere conto delle circostanze dedotte dalla società, che inducono a considerare, da un lato, l’esistenza della sua buona fede, atteso che le compensazioni Iva erano state regolarmente effettuate e l’errore non avrebbe potuto essere emendato con la dichiarazione integrativa perché rilevato solo successivamente alla comunicazione di irregolarità, e, dall’altro lato, l’insussistenza di danno concreto, tenuto conto del fatto che il credito Iva illegittimamente esposto non era stato utilizzato dalla società.

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