Imposte

Esenzione Iva sulle mascherine con lista più ristretta di quella Ue

Le misure di favore previste dal decreto Rilancio escludono alcuni modelli e sono di difficile interpretazione

di Benedetto Santacroce

Per ridurre l’impatto Iva per la cessione e l’acquisto di mascherine e altri beni di contrasto all’emergenza Covid-19 il Governo sceglie una soluzione in due tempi con un parziale nullaosta della Commissione europea. In particolare, per la fase emergenziale e fino al 31 dicembre 2020, la cessione dei beni sarà esente e il relativo diritto a detrazione sarà pieno. Al contrario, dal 1° gennaio 2021 l’aliquota applicabile sarà del 5 per cento. Sorvolando sui profili di diritto, già evidenziati in altri interventi (si veda «Il Sole 24 Ore» e NT+ Fisco del 17 maggio), ci concentriamo sulla lista dei beni individuati nel decreto rilancio perché la loro composizione potrebbero dare, nei prossimi giorni, non pochi problemi applicativi.

In effetti, la stessa Commissione europea nella nota di orientamento del 3 aprile 2020 (aggiornata il 5 maggio) ha fornito, ai fini delle importazioni, un elenco dettagliato dei beni da esonerare da dazi e Iva. Questo elenco, come sottolinea la stessa Commissione era solo orientativo e non esaustivo, e lasciava agli Stati facoltà di agire in base alle esigenze nazionali.

Lo Stato italiano estendendo l’esenzione Iva anche alle cessioni interne ha seguito solo parzialmente la lista Ue sia in termini di beni che in termini di modalità espositiva. In termini di beni la lista per le cessioni interne è ridotta, rispetto a quella Ue, anche se alcune espressioni utilizzate lasciano qualche dubbio applicativo.

Si considerino ad esempio le mascherine. La norma nazionale prevede solo le mascherine chirurgiche e le Ffp2 e Ffp3, mentre la lista unionale è molto più ampia facendo riferimento a tutte le maschere facciali tessili, senza filtro o parti meccaniche sostituibili. Quindi l’esenzione per le cessioni interne sarà limitato alle sole mascherine elencate dalla disposizione, mentre le altre subiranno una tassazione piena.

Altro tema: gli articoli di abbigliamento protettivo (guanti, visiere, occhiali protettivi, calzari, copricaphi eccetera), per i quali la norma, da una parte, individua una non meglio definita finalità sanitaria e, dall’altra, fornisce un elenco esemplificativo. Le due scelte, considerando che le esenzioni Iva sono da applicare in modo restrittivo, pongono dei dubbi interpretativi. Per quanto riguarda la finalità sanitaria non è chiaro come questa possa essere definita a monte se non per la sua destinazione che comporterebbe l’applicazione di un meccanismo di controllo di difficile applicazione. Inoltre, in relazione alla finalità sanitaria, specialmente in riferimento al primo periodo emergenziale di applicazione della norma, si ritiene che vi rientrino anche l’utilizzo dei predetti beni in ambienti di lavoro o in stabilimenti industriali.

Per quanto riguarda poi l’elenco degli articoli di abbigliamento protettivo e più in generale per tutta la lista inclusa nella norma, una mano per superare almeno in parte l’impasse in cui ci si potrebbe trovare si può individuare nella lista Ue che identifica la nomenclatura combinata doganale dei prodotti inclusi nell’esenzione all’importazione. La classificazione doganale, infatti, riduce i dubbi e può consentire alla norma di essere subito applicabile.

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