Espropri, le indennità si possono tassare
Gli Stati hanno il diritto di tassare le indennità corrisposte a seguito di espropriazione. In materia fiscale, infatti, gli Stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo hanno ampio margine di apprezzamento e una larga discrezionalità a patto che adottino misure in grado di raggiungere un giusto equilibrio tra tutela del diritto di proprietà del singolo e interesse pubblico a ottenere entrate fiscali. Lo afferma la Corte europea dei diritti dell’uomo, dando ragione all’Italia, con due decisioni divulgate l’8 febbraio (ricorsi n. 60633/16 e n. 50821/06) con le quali Strasburgo ha dichiarato i ricorsi inammissibili e stabilito che non è stato violato l’articolo 1 del Protocollo n. 1 che assicura il diritto di proprietà.
A presentare il ricorso a Strasburgo sono stati in un caso il proprietario di un terreno espropriato e nell’altro gli eredi di una donna che aveva ottenuto un indennizzo dopo un’occupazione appropriativa da parte di un Comune. I ricorrenti erano stati tenuti a versare un’imposta pari al 20% sulle indennità ottenute e sostenevano che questa ritenuta costituiva una violazione del diritto di proprietà perché aveva causato una perdita patrimoniale rispetto al valore di mercato del terreno.
Di diverso avviso la Corte europea. Prima di tutto, Strasburgo ha precisato che le indennità versate dalle autorità nazionali a seguito di un’espropriazione rientrano nel diritto di proprietà garantito dall’articolo 1 del Protocollo n. 1. Detto questo, però, il diritto in esame può subire delle limitazioni se sussiste un interesse della collettività.
Proprio in materia fiscale – osservano i giudici – gli Stati godono di un ampio margine di apprezzamento: devono poter adottare misure valutando le esigenze politiche, economiche e sociali. La ritenuta del 20% prevista dalla legislazione italiana non può essere considerata «irragionevole e sproporzionata» perché non ha prodotto un effetto simile alla confisca e non ha inciso sul principio di corrispondere l’indennizzo tenendo conto del valore di mercato dei terreni.
L’importo, poi, non era proibitivo per i ricorrenti e non ha compromesso la loro situazione finanziaria. Né si può dire – scrivono i giudici – che le autorità nazionali hanno ricondotto nelle proprie casse quanto elargito a titolo di indennizzo. Senza dimenticare che i ricorrenti potevano scegliere tra la detrazione diretta del 20% o includere le plusvalenze nella dichiarazione dei redditi e procedere al pagamento.