Controlli e liti

Evasione fiscale, senza pentimento nessuna attenuazione della pena

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di Patrizia Maciocchi

Non merita le misure alternative alla detenzione chi, avendo evaso decine di milioni di euro, è disposto a riparare il danno solo con 10 mila euro. L’offerta di una cifra irrisoria dimostra che non c’è alcuna revisione critica del proprio passato, mentre al contrario, il “ravvedimento” può essere desunto anche dalla parziale riparazione al vulnus arrecato alla collettività con le proprie condotte. La Corte di cassazione, con la sentenza 39186 depositata ieri, respinge il ricorso dell’imputato che chiedeva di espiare presso i servizi sociali o ai domiciliari la pena seguita alla condanna per associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni e dichiarazioni fraudolente relative a operazioni inesistenti.

Il no del Tribunale era fondato sull’indisponibilità del ricorrente a risarcire il danno cagionato con l’evasione alcune decine di milioni di euro. Secondo il Tribunale i guadagni conseguenti all’evasione non potevano essere andati tutti dispersi. E non era realistico pensare che la cifra messa a disposizione dell’erario dipendesse solo da una scarsa disponibilità economica e non fosse piuttosto il segnale di una totale assenza di “pentimento”. Per il tribunale, infatti, il condannato intendeva gli strumenti di esecuzione alternativa della pena, non come un percorso di rieducazione ma solo, in un’ottica del tutto strumentale, come un modo per sottrarsi alla carcerazione.

Il ricorrente da parte sua si rammarica per il fatto che il Tribunale di sorveglianza abbia dato tanto importanza al denaro, invece di valorizzare la sua disponibilità a fare volontariato. Secondo la difesa del condannato però l’errore maggiore commesso dal Tribunale della libertà, era stato quello di disattendere il costante orientamento della Suprema corte, secondo la quale il mancato o non integrale risarcimento del danno non può, di per sé, impedire la concessione dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Inoltre, oltre a non aver approfondito le sue condizioni economiche, i giudici non avevano considerato la particolare natura della persona offesa: il fisco che non aveva avanzato alcuna richiesta di risarcimento. La Cassazione respinge il suo ricorso. I giudici della prima sezione ricordano che per il via libera all’affidamento in prova non basta l’assenza di indicazioni negative ma servono anche “indicatori” positivi. E tra questi c’è l’esistenza di un processo di revisione critica del proprio passato delinquenziale e l’intento di risocializzazione.

Nella valutazione del giudice, non pesa solo la gravità dei reati commessi ma anche il comportamento del reo dal quale desumere una positiva evoluzione della personalità. Il ricorrente, offrendo pochi ”spicci”, ha dimostrato di non avere la volontà di riparare, neppure in parte, all’enorme evasione fiscale. Per i giudici i profitti del ricorrente non potevano essere, verosimilmente, inferiori ai 250mila euro. La Cassazione esclude il presupposto per tutte le misure alternative, domiciliari compresi.

La sentenza n.39186/17 della Cassazione

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