Imposte

Extraprofitti, la tassa obbliga le imprese a rifare da capo i conti

Il periodo su cui conteggiare l’aumento del saldo Iva si estende al mese di aprile. La modifica del periodo di riferimento mette in soffitta i conti appena ultimati per chiudere i bilanci

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Nell’ultima versione del decreto Aiuti il contributo una tantum sugli extraprofitti non si limita a gonfiarsi dal 10 al 25% e a sdoppiarsi nei versamenti di giugno e novembre. Ma aggiorna anche le basi di calcolo e impone quindi alle imprese dell’energia di rifare i conti appena finiti per misurare gli accantonamenti da mettere nei bilanci approvati entro il 30 aprile.

L’impianto rimane quello, molto contestato dai diretti interessati, scritto nel decreto del 21 marzo che ha introdotto il contributo straordinario, e prova a individuare gli “extra-profitti” nella differenza fra gli imponibili Iva maturati dalle imprese nell’inverno 2021-22 rispetto a dodici mesi prima. Nella prima versione, per ovvie ragioni di calendario, il periodo di riferimento era individuato nel semestre fra il 1° ottobre e il 31 marzo. L’ultima bozza del decreto Aiuti allarga la base di riferimento di un mese, chiedendo quindi di mettere a confronto il saldo Iva del periodo 1° ottobre 2021-30 aprile 2022 con quello dell’ottobre 2020-aprile 2021.

Il testo, che ancora attende la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» anche perché deve completare alcune tessere nel complesso mosaico delle norme finanziarie, conferma quindi l’aggiornamento della base imponibile anticipato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore. Con l’effetto di imporre alle imprese il ritorno sui calcoli senza modificare però la natura (e i problemi) del meccanismo. Due, sopra gli altri: l’imponibile Iva non viaggia esattamente in parallelo con la quota di profitti gonfiata dall’inflazione, perché è influenzato da molte altre variabili. E anche con il nuovo calendario il calcolo continua a confrontare due periodi molto diversi sul piano della salute economica del Paese, e quindi dei consumi energetici: l’ultimo trimestre 2020 si chiuse con un Pil in contrazione dell’1,9%, contro il +0,6% registrato nei tre mesi finali del 2021. Il primo trimestre dell’anno scorso ha invece segnato un +0,3%, da confrontare con un avvio di quest’anno che le stime preliminari Istat hanno indicato in un -0,2% ma che potrebbe essere rivisto al rialzo con i conteggi definitivi anche sul settore (in ripresa) dei servizi. Resta, poi, l’indeducibilità ai fini di Ires e Irap di quello che il governo chiama un «contributo straordinario».

L’altra novità riguarda lo sdoppiamento del pagamento in due rate a giugno e a novembre. Al primo appuntamento, spiega l’ultima bozza, le imprese saranno chiamate a versare il contributo «per un importo pari al 10%», mentre entro la fine di novembre andrà liquidata la «restante parte» dell’una tantum. L’intenzione è di chiedere in acconto il vecchio contributo straordinario, quello con aliquota appunto al 10%, e a novembre il secondo scalino del 15% introdotto dal decreto Aiuti. Almeno nella bozza circolata, però, il testo non è felicissimo: perché sembra chiedere a giugno il 10% del contributo totale, non una somma misurata sulla vecchia aliquota. Una traduzione in cifre aiuta: con un imponibile da quattro milioni e quindi un’una tantum totale da un milione, l’interpretazione letterale legittimerebbe un primo versamento da 100mila euro (il 10% del contributo da un milione) anziché da 400mila (il 10% dell’imponibile). È probabile un’ulteriore correzione prima della Gazzetta Ufficiale.

In ogni caso, l’una tantum serve a coprire quasi integralmente i 6,5 miliardi che il decreto destina al bonus da 200 euro per 32,5 milioni di italiani fra lavoratori dipendenti, autonomi, pensionati, partite Iva e disoccupati. Nell’ultimo testo ha preso forma anche l’altra mossa, sempre da 6 miliardi, che viene invece impiegata per finanziare il fondo pluriennale a copertura degli extra-costi negli appalti. Il ministero dell’Economia ha deciso di far traslocare a questa finalità 6 miliardi non spesi nella programmazione 2014-2020 del fondo di sviluppo e coesione. Per chiudere questa rimodulazione senza far saltare definitivamente qualche investimento programmato, il Cipess dovrà accertare il valore degli interventi definanziati e trovare le risorse che ancora servono fra quelle disponibili nella vecchia (2014-20) o nella nuova programmazione (2021-27).

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