Controlli e liti

False comunicazioni con dolo

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’approvazione dei bilanci riporta di attualità le problematiche relative alle false comunicazioni sociali che proprio in tale occasione possono essere commesse.

I soggetti attivi sono gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori. La condotta, in estrema sintesi, riguarda la consapevole esposizione di fatti materiali rilevanti o di lieve entità non rispondenti al vero ovvero l’omissione di tali fatti. A fattor comune occorre il fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri. Oggetto della tutela penale sono i bilanci, le relazioni e le altre comunicazioni sociali dirette al pubblico la cui comunicazione è imposta dalla legge. In conseguenza dell’interpretazione delle Sezioni unite (22474/2016), si configurano sostanzialmente tre ipotesi di falso: oggettivo, valutativo e qualitativo.

Falso oggettivo e valutativo

Nel bilancio ci sono valori numerici certi (cosiddetti «oggettivi») desumibili dalla fattualità (ad esempio, costo di acquisto) e dati «di stima» (ad esempio rimanenze, tipologia di credito). L’esposizione non veritiera o la mancata appostazione di valori numerici certi, determina così un falso oggettivo, per gli altri, invece, è generato un falso valutativo.

Secondo le Sezioni unite, nella nozione di falso materiale rientrano anche le consapevoli valutazioni effettuate senza il rispetto dei criteri di redazione previsti dal codice civile e dai principi contabili.

Falso qualitativo

Si tratta delle falsità non sull’entità delle poste iscritte, bensì sulla loro qualificazione: si pensi ad un acquisto di un bene personale dell’amministratore, classificato tra «oneri diversi di gestione» o «costi per servizi». Il risultato finale resta invariato, ma si altera la percezione da parte dei lettori della situazione economica, finanziaria o patrimoniale della società.

Gli altri elementi

Il delitto poi è differenziato a seconda della tipologia societaria. Nelle non quotate l’esposizione di fatti materiali rilevanti ovvero l’omessa indicazione di tali fatti è punita con la reclusione da uno a cinque anni. Se i fatti materiali (falsamente esposti ovvero omessi) sono di lieve entità, è prevista una pena attenuata da sei mesi a tre anni. La «lieve entità» va valutata con riferimento alla natura e alle dimensioni della società e alle modalità o agli effetti della condotta. In entrambi i casi il delitto è procedibile d’ufficio.

Per le società non soggette alle disposizioni sul fallimento non sono penalmente perseguibili le ipotesi di lieve entità. Il delitto per questi soggetti è procedibile solo a querela ed è sanzionato con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Per le società quotate, differentemente dalle non quotate, la tutela penale riguarda l’esposizione di tutti i fatti materiali non rispondenti al vero, senza necessità che siano rilevanti. Solo per l’omissione, invece, deve sussistere la rilevanza. È perseguibile d’ufficio ed è prevista la reclusione da tre a otto anni, senza alcuna attenuante.

Le false comunicazioni sociali determinano un’alterazione dei valori di bilancio e pertanto la condotta potrebbe integrare anche fattispecie penali tributarie. (si vedano gli esempi nelle schede). La circolare 1/2018 della Guarda di Finanza ha offerto tuttavia un’interpretazione particolarmente favorevole dell’ipotesi di concorso. Ferma restando la necessità che sussistano tutti gli altri elementi costitutivi dei due delitti, nel documento di prassi è richiesta l’individuazione dell’elemento soggettivo proprio che nella frode fiscale è il fine di evadere le imposte, nel falso in bilancio è il conseguimento per sé o altri di un ingiusto profitto.

Secondo la Gdf, per il principio di specialità, se le false comunicazioni sociali sono state poste in essere per un’esclusiva finalità fiscale, si configura la sola frode fiscale; se invece non sussiste il fine di consentire a terzi l’evasione, si configura la fattispecie del mendacio societario. Occorrerà tuttavia attendere l’interpretazione delle Procure e della giurisprudenza.

Cinque casi nei quali può esserci il concorso

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