Controlli e liti

Fatture false senza detrazione dell’Iva

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di Massimo Romeo

In presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è legittimo e ragionevole il diniego di detrazione dell’Iva. Legittimare la detrazione, in luogo di una ben più logica concessione di un rimborso al soggetto passivo Iva, mal si concilia con la natura delle frodi che comportano l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. Pertanto, in un’ottica cautelativa per le finanze pubbliche, apparirebbe logico negare il diritto alla detrazione, accompagnandolo in prima battuta con l’obbligo di versamento dell’Iva per il prestatore, facendo salvo il diritto di rimborso dell’imposta per quest’ultimo soggetto qualora effettivamente il committente non abbia potuto godere dell’illegittima detrazione.

Questo il principio che emerge dalla sentenza 161 depositata il 19 gennaio della Ctr Lombardia (presidente e relatore Izzi) che conferma quella di primo grado.

La vicenda

Il caso che i giudici del gravame si sono trovati ad affrontare riguardava l’impugnazione da parte di una societa’ di diversi avvisi di accertamento, per varie annualità, con cui il fisco procedeva al recupero di maggiori imposte dirette ed Iva; tali avvisi derivavano dall’ attività istruttoria svolta dalla Guardia di Finanza in relazione al gruppo capeggiato dall’appellante da cui sarebbe risultata la presenza di un’articolata struttura costituita da società, associazioni culturali, onlus e persone fisiche a cui veniva contestato il sistematico utilizzo di documenti emessi a fronte di operazioni oggettivamente inesistenti. L’articolato schema di persone fisiche e giuridiche era volto, secondo l’amministrazione finanziaria, ad opacizzare la catena di operazioni economico/finanziarie eseguite, al fine di ostacolare l’attività di controllo e consentendo l’indebita detrazione Iva da parte delle società committenti nonché la formazione di componenti negative del reddito a loro volta inesistenti.

La ricorrente , fra le varie eccezioni, sosteneva l’effettiva esistenza delle operazioni , la loro corretta contabilizzazione e registrazione fiscale nonché il diritto alla detrazione Iva.

La Ctp respingeva il ricorso ritenendo provata dall’ufficio l’inesistenza delle operazioni relative alle fatture oggetto di contestazione nonché la legittimità del recupero Iva, considerata la mala fede della contribuente.

La sentenza

Il collegio d’appello decide di confermare la decisione di prime cure con una motivazione che, a parere dello scrivente, è di particolare pregio per ripercorre i tratti essenziali che caratterizzano il sistema dell’Iva, in considerazione dei principi espressi sia dalla Cassazione che della Cgue, oltre che per offrire considerazioni, costituenti un semplice obiter dictum , al di là del perimetro della controversia in esame.

Preliminarmente la Ctr rammenta quelle che sono le caratteristiche essenziali dell’Iva secondo la costante giurisprudenza eurounionale:

•si applica in modo generale alle operazioni aventi a oggetti beni e servizi;

•è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale controprestazione dei beni e servizi forniti;

viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto;

•gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sono detratti dall’imposta dovuta, cosicché il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, in modo che il peso dell’imposta grava sul consumatore finale.

Inoltre viene citato il « principio di neutralità» in base al quale per i soggetti passivi obbligati nei confronti dell’erario (imprenditori o lavoratori autonomi), l’applicazione dell’imposta è, in via di principio, neutrale, atteso che l’Iva sulle operazioni attive è da essi trasferita sui clienti mediante la rivalsa, mentre l’imposta sulle operazioni passive (acquisti effettuati) è recuperata mediante detrazione dall’imposta dovuta. E ancora il “«principio di inerenza» in base al quale in relazione ad operazioni oggettivamente inesistenti il diritto alla detrazione dell’Iva non può essere considerato sussistente sulla base del solo fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi in aggiunta l’inerenza dell’operazione all’impresa (Cassazione 735/2010).

A prescindere dall’inerenza dell’operazione se quest’ultima non è posta in essere viene meno il presupposto oggettivo per l’applicazione del tributo mancando l’atto con cui il bene o il servizio viene destinato all’attività rilevante ai fini Iva, condizione necessaria ma non sufficiente affinché il tributo sostenuto possa essere detraibile (sentenza causa C-432/87).

Richiamati i principi generali il Collegio riconosce che alcune incoerenze possono essere riscontrate in relazione ad un regime che accompagni l’indetraibilità in capo al cessionario/committente con l’esigibilità dell’Iva in capo al cedente/prestatore, che, in alcuni casi , hanno portato la giurisprudenza di legittimità al di fuori delle regole di funzionamento del tributo comunitario ispirato al criterio della neutralità e teso a contemperare l’esigenza di prevenire le frodi all’imposta ed evitare perdite fiscali per gli Stati membri con quella di impedire un ingiustificato arricchimento da parte dell’erario dei singoli stati a discapito dei soggetti Iva.

I giudici , entrando nel vivo della motivazione e considerata la natura stessa dell’imposta, così come quella delle frodi che generalmente si avvalgono di operazioni oggettivamente inesistenti, ritengono di respingere le doglianze della società, riconoscendo la legittimità e la ragionevolezza del diniego di detrazione Iva in relazione ad operazioni oggettivamente inesistenti, proprio in ragione del fatto che il principio di inerenza ed in generale la natura dell’Iva fanno sì che questa imposta gravi sul consumatore finale, ossia sul soggetto che non utilizzi il bene/servizio acquistato nell’ambito del proprio ciclo produttivo.

A fronte di un bene/servizio “inesistente”, che dunque non può essere utilizzato dall’acquirente, è logico che l’imposta gravi sull’acquirente stesso, che consapevolmente si è esposto a tale “rischio”, dando luogo a un’operazione della cui natura fraudolenta era necessariamente a conoscenza , trattandosi di inesistenza oggettiva; consentire la detrazione, chiosa il collegio, escludendo cosi l’ammissibilità anche in astratto di un’eventuale richiesta di rimborso per soggetto che ha emesso fattura, invertirebbe la logica dell’imposta in questione, che in concreto finirebbe per gravare esclusivamente sul fornitore del bene o del servizio e non sull’acquirente ultimo.

In un’ottica cautelativa per le finanze pubbliche, conclude la Commissione, «legittimare la detrazione, in luogo di una ben più logica concessione di un rimborso al soggetto passivo Iva, mal si concilierebbe con la natura delle frodi che comportano l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti».

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