Imposte

Fatture senza Iva, può restare la rivalsa

La risposta a interpello 267: in assenza di elementi di frode può essere comunque garantita la neutralità dell’imposta

In presenza di ravvedimento operoso sulle fatture emesse erroneamente senza esposizione dell’Iva il cedente può esercitare il proprio diritto di rivalsa sul cessionario e quest’ultimo può detrarre l’imposta, ma solo applicando le ordinarie regole e tempistica dell’articolo 19 del Dpr 633/72. In assenza di elementi di frode, viene così garantita la neutralità del normale funzionamento dell’Iva, ma non può trovare applicazione la previsione dell’articolo 60 ultimo comma del decreto Iva.

È la conclusione dell’agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello 267 del 21 agosto 2020 ancorata ai principi comunemente applicabili espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Ue (sentenze C111/14, C204/13, C-533/16, C-518/14, C-101/16) e della Cassazione (sentenza 28 maggio 2020, n. 10103).

Il caso
L’istante in conseguenza del ravvedimento (articolo 13 Dlgs 472/97) su fatture emesse senza Iva, a carico di un soggetto senza stabile organizzazione e identificazione Iva nello Stato, seppure l’operazione fosse territorialmente rilevante in Italia, aveva prospettato l’applicabilità del diritto di rivalsa per il cedente e di detrazione per il cessionario entro il limite temporale previsto dall’articolo 60 ultimo comma del Dpr 633/1972, cioè al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello di corresponsione dell’Iva addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione.

L’applicazione della regola
L’Agenzia, nel caso specifico, ha escluso l’applicabilità della regola, mancando l’atto di accertamento o rettifica divenuto definitivo, presupposto della maggiore imposta. Infatti, con il ravvedimento, il versamento dell’Iva in regolarizzazione è atto spontaneo del contribuente, che mira ad ottenere riduzioni dell’onere per sanzioni e interessi. Resta sempre garantita e tutelata da un lato la rivalsa dell’imposta versata e dall’altro la detrazione della stessa, sulla base del quadro normativo ordinario e relative tempistiche. Il cedente (articolo 26, comma 1 Dpr 633/72) è tenuto a rettificare, tramite variazione in aumento e senza alcun limite temporale, le fatture emesse senza o con Iva errata e può esercitare la rivalsa nei confronti del cessionario.

Il diritto alla detrazione
Quest’ultimo, in posizione di soggetto passivo Iva, può esercitare il proprio diritto alla detrazione dell’imposta addebitata in rivalsa e divenuta esigibile, fermo il possesso della fattura emessa dal cedente, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo (articolo 19, comma 1 secondo periodo, Dpr 633/72).

Se il cessionario, come nell’interpello, risulta privo di identificazione Iva in Italia, per l’esercizio del diritto di detrazione occorre la nomina di un rappresentante fiscale (articolo 17, comma 3, Dpr 633/72), possibile fino al pagamento dell’Iva addebitata in via di rivalsa, ma a condizione che lo stesso cessionario non fosse tenuto a questo adempimento fino dall’operazione originaria.

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