Imposte

Finanziamenti infragruppo senza ritenuta

di Dario De Santis

Gli intermediari finanziari esteri possono erogare finanziamenti a soggetti italiani beneficiando dell’esenzione da ritenuta nel caso in cui il credito sia concesso a società del gruppo di appartenenza. È quanto chiarisce l’agenzia delle Entrate in una risposta a un’istanza di interpello su alcuni aspetti controversi riguardanti l’ambito applicativo del regime di esonero dall’applicazione della ritenuta del 26% generalmente applicabile agli interessi corrisposti agli operatori finanziari non residenti.

A tal proposito va ricordato come l’articolo 26, comma 5-bis, del Dpr 600/1973 preveda che «ferme restando le disposizioni in tema di riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la ritenuta di cui al comma 5 non si applica agli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese erogati da (…) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti».

Attraverso l’inciso iniziale, riguardante la riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico, il legislatore ha recentemente voluto ribadire il principio secondo cui l’applicazione della norma fiscale in argomento è pur sempre subordinata al rispetto delle condizioni al ricorrere delle quali gli intermediari finanziari esteri possono erogare finanziamenti a soggetti residenti.

Ciò allo scopo di non creare uno svantaggio competitivo nei confronti degli operatori nazionali.

In altre parole viene affermato che gli operatori esteri, anche al fine di poter beneficiare dell’esenzione in oggetto, devono rispettare le norme del Testo unico bancario al pari degli intermediari residenti.

Di conseguenza, secondo l’agenzia delle Entrate, la disposizione in esame risulta applicabile senza limitazioni, fermi restando tutti gli altri presupposti del citato comma 5-bis, nei casi in cui il finanziamento non rientri nell’ambito di applicazione della predetta normativa bancaria in quanto non viene erogato nei confronti del pubblico ma «esclusivamente nei confronti del gruppo di appartenenza» (si veda l’articolo 3 del decreto ministeriale 2 aprile 2015 n. 53).

Risulta quindi consentita l’erogazione di finanziamenti in esenzione da ritenuta da parte di fondi di investimento esteri quando gli stessi risultano anche soci «diretti o indiretti» della società finanziata (come sovente avviene nelle operazioni di «private equity»).

Nella risposta all’interpello l’agenzia delle Entrate ha ulteriormente confermato come i fondi possano qualificarsi come «investitori istituzionali esteri» ai sensi del comma 5-bis dell’articolo 26 citato anche se costituiti nella forma giuridica di limited partnership e quindi non autonomamente soggetti a tassazione, laddove il reddito da essi conseguito sia comunque tassato per trasparenza in capo ai soggetti partecipanti e anche se il requisito della «vigilanza» risulti soddisfatto esclusivamente in capo al gestore del fondo.

Infine, non è stata ritenuta ostativa alla esclusione della ritenuta in esame, la circostanza che il soggetto italiano che riceve il finanziamento sia una holding la quale a sua volta detiene, direttamente o attraverso una sub-holding, la partecipazione nella società operativa, potendo essere inclusi nell’ambito di applicazione della norma in commento i finanziamenti ricevuti anche da una società che ha per oggetto la gestione di partecipazioni.

La risposta delle Entrate all’interpello sui finanziamenti infragruppo

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