Finanziarie assimilate alle holding assoggettate all’Irap «bancaria»
Le società finanziarie che non configurano operatività nei confronti del pubblico e quelle che provvedono a finanziare la filiera produttiva, pagheranno l’Irap secondo l’imponibile e l’aliquota “bancaria” a decorrere dall’esercizio 2018.
A stabilirlo è lo schema di decreto legislativo antielusione approvato dal Consiglio dei ministri dell’8 agosto 2018 il quale, confermando alcune interpretazioni e posizioni già assunte nel tempo dall’agenzia delle Entrate, definiscono le società finanziarie “assimilate” alle holding.
Si tratta dei soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 3 del decreto del Mef n. 53 del 2 aprile 2015 che svolgono le seguenti attività finanziarie:
• acquisto di crediti Iva;
• acquisto di crediti autorizzato da licenza ex articolo 115 del Testo unico pubblica sicurezza (Tulps);
• concessione di finanziamenti a terzi e quindi anche fuori dall’ambito del gruppo ma esclusivamente in collegamento con la fornitura o somministrazione di beni o servizi prodotti dal gruppo di appartenenza e per il periodo di durata della somministrazione (si tratta delle cosiddette “finanziarie di marca”);
• concessione di finanziamenti operati da società veicolo (Spv) costituite per gestire singole operazioni e liquidate una volta conclusa l’operazione.
Questi soggetti, pur svolgendo attività finanziaria, non sono stati più considerati a rischio sistemico ai fini dell’iscrizione all’albo degli intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 106 del Tub né più sottoposti a vigilanza dalla Banca d’Italia.
Ne è conseguita anche la loro fuoriuscita dalla disciplina di redazione del bilancio di esercizio secondo gli schemi degli intermediari finanziari, nonché dall’obbligo di applicazione dei principi contabili internazionali Ifrs, con la conseguenza di rientrare, invece, nella disciplina di redazione del bilancio di esercizio secondo le regole ordinarie del Codice civile, come riformulate dal Dlgs 139/2015.
Tuttavia il rinvio tout court a questo decreto legislativo aveva posto seri dubbi circa l’applicabilità a questi soggetti finanziari dell’aliquota Irap ordinaria, pari al 3,9% in luogo dell’aliquota pari al 4,65% calcolata su una base imponibile che include, peraltro, componenti positivi e negativi di reddito di natura finanziaria come previsto dall’articolo 6 del decreto Irap.
In effetti l’amministrazione finanziaria era già intervenuta sulla materia con una risposta a un interpello. Tuttavia l’interpretazione era rimasta isolata e non seguita da una circolare generale che la rendesse applicabile a tutti gli operatori finanziari assimilati alle holding come ora invece avviene a cura del Dlgs antielusione. Si tratta della risoluzione 33/E del 26 aprile 2010 nella quale con riferimento all’Irap “bancaria” di cui all’articolo 6 l’agenzia delle Entrate ha ritenuto che «rientrano nell’ambito di applicazione della disposizione tutti gli operatori del settore creditizio e finanziario a prescindere dai principi contabili adottati e dai provvedimenti utilizzati per la redazione del bilancio di esercizio».
Con la conseguenza che, secondo questa interpretazione, ai fini della determinazione della base imponibile Irap, i soggetti che svolgono attività finanziaria e creditizia, non obbligati a redigere il bilancio sulla base degli schemi adottati dalla Banca d’Italia con provvedimento 22 dicembre 2005 e 14 febbraio 2006, sono tenuti comunque a riclassificare il proprio bilancio per calcolare il valore della produzione in conformità a quanto disposto nell’articolo 6 del decreto 446 del 1997.
Ma lo schema di Dlgs approvato dal Cdm conferma anche che l’Irap bancaria si applica pure alle società cosiddette “captive” che svolgono attività di cash management attraverso l’attività finanziaria svolta esclusivamente nei confronti del gruppo di appartenenza, l’acquisto di crediti vantati da terzi nei confronti delle società del gruppo nonché l’attività di rilascio di garanzie quando anche solo uno tra l’obbligato garantito e il beneficiario della garanzia faccia parte del medesimo gruppo del garante.
Infine non è superfluo osservare come lo schema di decreto antielusione risolva, alla radice, anche il problema della super Ires del 3,5% applicabile alle banche e alle finanziarie operanti nei confronti del pubblico tra le quali non sono state richiamate le finanziarie di marca che pertanto non devono applicarla.