FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: ammissibilità dell’appello, dichiarazioni, stato di insolvenza
Gli sconti alla clientela sono deducibili solo se funzionali alla produzione del reddito d'impresa. Solo la comunicazione di avvenuto ricevimento prova l’avvenuta presentazione telematica della dichiarazione. Non è reato istantaneo ma permanente l’evasione di Iva all’importazione. Ammissibile l’appello anche quando costituendosi in giudizio il ricorrente deposita il solo avviso di ricevimento dell’appello. Per la società in liquidazione la verifica dello stato di insolvenza riguarda la capacità degli elementi attivi di assicurare l’eguale soddisfacimento dei creditori sociali. Il legale rappresentante indagato contestualmente per il reato della società previsto dal Dlgs 231/2001 non può provvedere alla nomina del difensore dell’ente. Sono i temi della rassegna delle massime relative alle principali pronunce in materia tributaria della Cassazione depositate nella settimana dal 18 al 22 dicembre.
Gli sconti alla clientela deducibili se funzionali
Gli sconti riconosciuti ai clienti possono essere dedotti dal reddito d’impresa solo se sono funzionali alla produzione del reddito. Questo in quanto il concetto di inerenza del costo dedotto è nozione di origine economica collegata al principio della determinazione reddito che passa una volta sottratti i costi sostenuti per la sua produzione, non potendo valere l’insindacabilità dell’imprenditore nel concedere gli sconti ai propri clienti.
• Cassazione, sentenza 29865/2017
La «comunicazione di avvenuto ricevimento» prova l’invio della dichiarazione
La dichiarazione inviata in via telematica si considera presentata nel giorno in cui viene trasmessa ma nel caso di errori bloccanti rileva la data di ricevimento da parte dell’Amministrazione perché la prova della regolare presentazione della dichiarazione telematica è stata tipizzata dal legislatore attraverso la “comunicazione di avvenuto ricevimento” dell’Amministrazione.
• Cassazione, ordinanza 29878/2017
È reato permanente l’evasione di Iva all’importazione
Il reato di evasione dell’Iva all’importazione non è reato istantaneo che sorge nel momento in cui si origina il diritto erariale a pretendere il pagamento dell’imposta bensì reato permanente, la cui consumazione si esaurisce soltanto quando cessa l’attività diretta a permettere l’illecita circolazione nel territorio dello Stato della merce che non ha assolto il pagamento del tributo all’importazione. Ciò perché l’Iva all’importazione, anche se ritenuta tributo interno sostitutivo di un diritto di confine, è sempre caratterizzata dalla medesima finalità del dazio doganale, ovvero quello di impedire mediante l’acquisto all’estero e l’introduzione nel territorio dell’Unione Europea, che vengano pregiudicati gli interessi erariali anche da parte di coloro che, venuti successivamente in possesso della merce che non ha assolto il tributo, cooperino, anche con la semplice detenzione, nel protrarne l’illegittima circolazione.
• Cassazione, sentenza 56264/2017
Ammissibile l’appello anche depositando solo l’avviso di ricevimento
Non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello notificato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento attraverso il servizio postale universale il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione in giudizio entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del piego e non la ricevuta di spedizione. Questo in quanto l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere alla medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione.
• Cassazione, ordinanza 30755/2017
In liquidazione l’insolvenza si rileva dal confronto tra patrimonio e debiti
Quando la società è in liquidazione la valutazione dello stato di insolvenza da parte del giudice deve essere diretta unicamente a verificare se gli elementi attivi del patrimonio sociale possano assicurare l’eguale soddisfacimento dei creditori sociali. Questo in quanto, non proponendosi l’azienda in liquidazione di restare sul mercato non è più richiesto che disponga, al pari della società in attività, di credito, risorse e liquidità per soddisfare le obbligazioni contratte.
• Cassazione, ordinanza 30297/2017
Il legale rappresentante indagato non può nominare il difensore dell’ente
Il legale rappresentante indagato o imputato per il reato di emissione di fatture inesistenti, non avendo predisposto, in base al D.Lgs. 231/2001, un modello organizzativo o gestionale in grado di scongiurare la commissione di siffatto reato, è impossibilitato a provvedere poi alla nomina del difensore dell’ente per la predetta violazione. Questo in quanto, essendo contestualmente anche imputato per il reato riguardante la responsabilità addebitata alla persona giuridica, versa in condizioni di incompatibilità a causa del conflitto di interessi generatosi tra l’ente e il suo rappresentante.
• Cassazione, sentenza 56427/2017
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