FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: appello, imposte pagate all’estero, crediti in F24
Nell’appello l’amministrazione finanziaria deve indicare i motivi specifici dell’impugnazione a pena d’inammissibilità. Nel processo tributario non vale il principio processuale penale dell’ultima parola all’imputato nella trattazione della causa. Non vale la procedura automatizzata per la rettifica dei crediti d’imposta per tributi pagati all’estero. Colui che presenta per conto di un contribuente un F24 con credito d’imposta inesistente utilizzato in compensazione incorre in falsità ideologica in atto pubblico. La presentazione allo sconto in banca di fatture oggettivamente inesistenti va punto alla stregua dell’ottenimento di credito attraverso presentazione di informazioni false Sono i temi delle massime delle principali pronunce della Cassazione in materia tributaria e societaria dell’ultima settimana.
Motivi specifici dell’impugnazione nell’appello per evitare l’inammissibilità
Nel processo tributario l’Amministrazione soccombente in primo grado non può limitarsi a ribadire in appello le stesse argomentazioni già utilizzate a sostegno della legittimità del proprio operato ai fini accertativi. Questo in quanto l’onere d’impugnazione specifica può ritenersi assolto, a pena di inammissibilità dell’appello, soltanto quando l’atto contiene i motivi specifici per la riforma della sentenza.
•Cassazione, sentenza 10192/2018
Nel processo tributario non vale il principio dell’ultima parola all’imputato
Nessuna norma tributaria prevede la nullità della causa tributario se il contribuente non ha avuto l’ultima parola nella trattazione della causa tributaria perché non è possibile estendere l’efficacia di una norma processuale penale posta a garanzia dei diritti di difesa in quel processo a domini processuali diversi, come quello tributario.
•Cassazione, sentenza 10197/2018
No al controllo automatizzato sui crediti d’imposta per tributi pagati all’estero
L’individuazione dell’aliquota applicabile ai redditi di imprese estere controllate localizzate in paesi a fiscalità privilegiata non è una questione «meccanica» determinabile attraverso la procedura di liquidazione automatizzata di cui all’articolo 36-bis del Dpr 600 del 1973. Ciò perché la pretesa dell’Amministrazione di negare il diritto del contribuente all’esposizione di un credito d’imposta, conseguente al pagamento di tributi in uno stato estero in relazione a dividendi corrisposti da società aventi sede in tale Stato, involge la complessa interpretazione di norme tributarie diverse.
•Cassazione, ordinanza 10204/2018
Falsità ideologica in atto pubblico per l’ F24 con credito d’imposta inesistente
Il soggetto che presenta per conto di un contribuente un F24 dove espone, ancorché da questi autorizzato, la compensazione di presunti crediti fiscali da questi vantati con debiti fiscali per imposte non versate incorre nel delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico e non quello di falso scrittura privata. Ciò perché l’F24 non costituisce un attestato del contenuto di altri atti bensì un atto di fede privilegiata contenente l’attestazione del pagamento delle imposte con efficacia liberatoria del contribuente, come tale equiparabile ad un atto pubblico.
•Cassazione, sentenza 18803/2018
Punite le fatture oggettivamente inesistenti presentate per ottenere un credito
Integra la fattispecie delittuosa dell’ottenimento di credito fornendo dolosamente informazioni false sulla propria situazione economica colui che presenta allo sconto presso la banca fatture oggettivamente false. Questo in quanto l’elemento soggettivo della condotta è integrato dall’ottenimento della concessione di credito mentre l’elemento oggettivo dall’esporre alla banca crediti inesistenti.
•Cassazione, sentenza 18795/2018
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