Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: deducibilità degli interessi di mora, omessi versamenti, concordato preventivo

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di Luca Benigni, Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Deducibili per competenza gli interessi di mora per inadempimento anche se non corrisposti o non richiesti. L’omesso versamento dei contributi da parte degli agenti di commercio configura un illecito amministrativo. Proposta concordataria svincolata dalla valutazione sul possibile valore di realizzo dei beni. Correità con la consapevolezza dell'apporto nel depauperamento del patrimonio sociale. Sono alcuni dei temi della rassegna delle massime delle principali pronunce di Cassazione in materia tributaria e societaria depositate nella settimana dal 3 al 7 luglio.


REDDITO D'IMPRESA
Deducibili per competenza gli interessi di mora per inadempimento anche se non corrisposti o non richiesti
Nel rispetto del principio di competenza fiscale la società costruttrice alla quale viene imputato il ritardo nella consegna delle navi commissionatele può legittimamente considerare in diminuzione del reddito d’impresa i costi maturati per penalità contrattuali rappresentati dagli interessi di mora, che non sono deducibili in base al principio di cassa in quanto non hanno finalità sanzionatorie o punitive ma assolvendo alla funzione di rafforzare il vincolo negoziale e consentire la determinazione preventiva della misura del risarcimento dovuto in caso di inadempimento, sono comunque inerenti all’attività d’impresa, ancorché gli stessi non siano mai stati corrisposti né siano mai stati richiesti. Tale deducibilità spetta anche nel caso in cui esse non siano state formalmente imputate al conto profitti e perdite relativo all’esercizio di competenza, perché gli stessi sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi. Né rileva infine che tale omessa iscrizione avrebbe creato una partita contabile di giro “crediti-costi” coerentemente annullata dalla comune volontà delle parti contraenti che, con nuova ed autonoma pattuizione, dispongono così l’integrale compensazione. Pertanto sono deducibili gli interessi attivi di mora maturati sul corrispettivo dovuto dalla committente per la costruzione di due navi etileniere di 7.200 tonnellate di stazza lorda nella quale la contribuente era incorsa in ritardo nella consegna maturando a suo carico penali di pari importo.
Cassazione, sentenza 16561/2017

ACCERTAMENTO E CONTENZIOSO
Agenti di commercio, l’omesso versamento dei contributi è illecito amministrativo
Occorre un duplice requisito perché si realizzi il reato di omesso versamento alla fondazione Enasarco delle ritenute previdenziali operate sulle fatture provvisionali emesse dagli agenti di commercio. In primo luogo, il reato di omesso versamento (articolo 2 del Dl 463/1983), vale soltanto per le omissioni dei pagamenti delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e non anche per gli agenti e rappresentanti di commercio, essendo questi assimilati ai lavoratori autonomi oppure parasubordinati. In secondo luogo, per tale illecito è prevista una sanzione amministrativa anziché penale (articolo 36 del regolamento Enasarco).
Cassazione, sentenza 31900/2017

Compensazione tra Iva e registro preclusa fino all’8 novembre 2011
In materia di compensazione di obbligazioni tributarie, se il contribuente corrisponde per errore una somma a titolo di Iva in relazione ad un acquisto immobiliare che si rivela poi da assoggettare unicamente ad imposta di registro non può opporre l’avviso di rettifica e liquidazione notificatogli dall’Amministrazione per l’omesso versamento invocando a suo favore lo Statuto del contrbuente entrato in vigore il 27 luglio 2000. In primo luogo, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti e ciò non vale per lo Statuto del contribuente, perché esso ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era comtemplato, a decorrere dall’anno 2002. Con la conseguenza che ratione temporis va applicata la «compensazione speciale», tra tributi non omogenei, al momento del versamento untiario di diverse imposte e contributi (articolo 17 del Dlgs 241/97), vale a dire tutta una serie di imposte, ma con l’esclusione dell’imposta reigstro. In secondo luogo, è stato soltanto con l’entrata in vigore del Dm 8 novembre 2011, che la modalità di compensazione è stata estesa anche all’ìimposta di registro. In terzo luogo, tale norma regolamentare non può avere efficacia retroattiva, non avendo lo statuto del contribuente rango superiore alla legge ordinaria e conseguentemente, non possono fungere da parametro di costituzionalità né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con esse. Va pertanto confermato l’avviso di liquidazione, in particolre per quanto concerne l’impossibilità di potere compensare Iva con registro, relativa alla fattispecie nella quale, il 9 dicembre 2004 una srl vendeva un complesso immobiliare per oltre 2,2 milioni di euro assoggettandolo erroneamente ad Iva anziché a registro perché non svolgeva operazione di vendita di fabbricati ma unicamente attività di locazione di fabbricati, donde il recupero del registro, oggetto di versamento tramite compensazione da parte dell’acquirente con l’Iva non più dovuta, anzi, con un credito di un percento a favore della contribuente. L’acquirente, per contro, non poteva usufruire delle agevolazioni prima casa sia perché l’atto riguardava un complesso immobiliare e non una singola unità abitativa sia perché c’erano le caratteristiche del lusso, donde la revoca delle agevolazioni fruite.
Cassazione, sentenza 16532/2017

SOCIETÀ E BILANCI

Proposta concordataria svincolata dalla valutazione sul possibile valore di realizzo dei beni
Nel caso di concordato preventivo con cessione dei beni l’inidoneità della proposta concordataria in grado di giustificare il diniego alla domanda di omologa non può essere affermata in base ad un mero giudizio sul possibile valore di realizzo dei beni stimato dal Commissario Giudiziale solo perché divergente rispetto a quello originariamente indicato dal creditore. Questo in quanto il rigetto alla domanda di omologa può conseguire solo attraverso l’accertamento della mancanza di causa in concreto del concordato preventivo mentre la questione della valutazione dei beni offerti in pagamento ai creditori rappresenta, a tutto concedere, una questione di merito circa la sua possibile convenienza economica.
Cassazione, sentenza 16327/2017

Correità con la consapevolezza dell’apporto nel depauperamento del patrimonio sociale
L’elemento soggettivo del delitto commesso dall’extraneus imputato per concorso nel reato di bancarotta fallimentare consiste nella condotta posta in essere a supporto di quella dell’intraneus con la consapevolezza di causare il depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori. La chiamata in correità dell’extraneus è dunque da ascriversi non solo alla volontà diretta dolosamente alla lesione dei diritti dei creditori ma anche al possibile occultamento alla procedura, in concorso con il fallito, di beni.
Cassazione, sentenza 32385/2017

Bancarotta fraudolenta anche dopo l’omologa del concordato preventivo
Anche se il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione può riguardare gli atti distrattivi del patrimonio commessi successivamente all’approvazione del concordato preventivo, la cessione d’azienda posta in essere da una società in concordato preventivo in continuità deve, ex se, ritenersi lecita se liberamente approvata dal comitato dei creditori e poi autorizzata dal Giudice delegato con parere favorevole del Commissario giudiziale. Pertanto la società cessionaria dell’azienda acquistata presso la società cedente in concordato preventivo in continuità non può subire il sequestro delle somme disponibili sul suo conto corrente bancario, ritenute profitto del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, anche se il valore dell’azienda pagato risulta notevolmente inferiore al valore corrente di mercato.
Cassazione, sentenza 32406/2017

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