FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: redditometro, studi di settore e società inattive
Redditometro, accertamento a seguito degli studi di settore, il trattamento fiscale dei costi delle fatture inesistenti, il ruolo delle prove indiziarie e gli obblighi per la società inattiva sono i temi della rassegna delle massime delle principali pronunce di Cassazione in materia tributaria e societaria depositate nella settimana dal 28 agosto al 1° settembre.
Il redditometro non può prescindere dalle risorse finanziarie
Nell’applicazione del redditometro, in caso di immobile pervenuto per donazione e poi locato parzialmente al fine di sostenere le spese inerenti e di un disinvestimento conseguito in un anno, il giudice tributario è obbligato a sancire la compatibilità delle risorse finanziarie del contribuente con le possidenze riscontrate dall’Amministrazione e poi utilizzate ai fini presuntivi. Questo in quanto, una volta accertata l’effettività degli indicatori di capacità contributiva individuati dall’Amministrazione nell’accertamento del reddito sintetico il giudice tributario, pur non avendo il potere di privarli del loro valore presuntivo, non può neppure disattendere le prove contrarie fornite dal contribuente volte a contrastare la pretesa. (Nel caso di specie, il contribuente, dal lato delle entrate, ha dimostrato di aver accumulato nel tempo risorse finanziarie già soggette a tassazione, di aver avuto un disinvestimento rilevante nel 2006 per 60mila euro e di aver avuto degli affitti da tale immobile).
• Cassazione, sentenza 20477/2017
Accertamento e studi di settore, va considerato lo «stato di salute»
L’Amministrazione, nella fase istruttoria dell’accertamento da studi di settore, è sempre obbligata a valutare idoneamente la documentazione medica prodotta dal contribuente attestante il suo precario stato di salute e/o quello dei suoi congiunti. Questo in quanto, essendo in tal caso compromesso il conseguimento della normale redditività, l’atto impositivo risultante potrebbe essere affetto da carenza di motivazione.
• Cassazione, sentenza 20505/2017
I costi per fatture inesistenti sono indeducibili per difetto di inerenza
La consapevolezza del contribuente di partecipare alla frode fiscale comporta l’indeducibilità di qualsiasi componente negativo sostenuto mentre se manca tale consapevolezza la deducibilità è consentita a patto che i beni e servizi acquistati siano stati poi utilizzati per atti che configurano condotte delittuose non colpose. Questo in quanto i costi risultanti da fatture soggettivamente inesistenti dedotti dal contribuente/cessionario che consapevolmente li abbia sostenuti sono sempre espressione di distrazione verso finalità estranee a quelle proprie dell’impresa e ai fini fiscali difettano pertanto, ai fini della deducibilità, del requisito di inerenza.
• Cassazione, sentenza 39541/2017
Le prove indiziarie rafforzano gli accertamenti da studi di settore
I reiterati scostamenti dagli studi di settore, l’inattendibilità delle scritturazioni contabili, la riscontata pluralità delle violazioni in materia di emissione dello scontrino fiscale, l’anormale costante bassa redditività dell’impresa e quindi la sua evidente antieconomicità, le possidenze patrimoniali del contribuente non giustificate legittimano le percentuali di ricarico utilizzate, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale. Questo perché esse costituiscono in tal caso validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi. Infatti, in base all’esperienza, esse non sono delle variabili occasionali e conseguentemente spetta sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possono giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse.
• Cassazione, sentenza 20632/2017
L’inattività societaria non esime dalla tenuta delle scritture contabili
Nel caso di contestazione all’imprenditore, a seguito di fallimento, del reato di sottrazione delle scritture contabili non vale ai fini difensivi la dichiarazione del commercialista dell’impresa fallita che attesti la mancanza di attività sociali nel periodo temporale oggetto di osservazione. Questo in quanto l’inattività societaria non esime mai l’imprenditore dalla puntuale tenuta dei libri e delle scritture contabili.
• Cassazione, sentenza 39766/2017
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