Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: ruoli, crediti d’imposta, concordato preventivo

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di Luca Benigni, Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Il contribuente che dichiara e non versa l’imposta può attendere, senza incorrere in alcuna decadenza, di opporsi al ruolo poi notificato dall’Amministrazione. Il professionista indagato per dichiarazione infedele deve provare l’estraneità dei versamenti effettuati sul conto corrente ai fatti imponibili. La sospensione del processo dei soci in attesa della pronuncia riguardante la società di persone non è utilizzabile in quanto non vi è coincidenza fra le parti processuali. Il giudice tributario non è vincolato alle soglie della tariffa dei dottori commercialisti per la liquidazione delle spese di giudizio. Il contenzioso pendente sui crediti tributari obbliga il giudice del concordato a disporre l’istituzione del fondo accantonamento tributario. Obbligo di rimborso del credito d’imposta alla società francese da parte dell’Amministrazione anche nel caso di avvenuta compensazione contabile con il debito della società italiana erogante. Sono i temi delle massime delle principali sentenze di Cassazione in materia tributaria e societaria dell’ultima settimana.


L’avvenuto pagamento determina le modalità dell’impugnazione

Il contribuente, che dichiara ma omette di versare una determinata imposta, può attendere, senza incorrere in alcuna decadenza, di opporsi in sede contenziosa all’iscrizione a ruolo della pretesa tributaria (nel caso di specie, Irap dichiarata e non versata da un avvocato). Viceversa, se l’imposta viene versata, non si potrà più ricorrere contro l’iscrizione a ruolo, bensì dovrà instaurarsi un contenzioso sul silenzio-rifiuto nei termini decadenziali previsti, perché la dichiarazione dei redditi è sempre emendabile e la natura del processo tributario è di tipo impugnatorio.

Cassazione, ordinanza 14541/2018


Dichiarazione infedele, va provata l’estraneità dei versamenti effettuati

Per il reato tributario di dichiarazione infedele spetta al professionista e/o al lavoratore autonomo provare in modo analitico l’estraneità dei versamenti effettuati sul conto corrente rispetto alla presunzione tributaria, anche se è venuta meno, in base alla sentenza della Corte costituzionale 228/2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai soli prelevamenti sui conti correnti. Questo in quanto le presunzioni legali previste dalla norme tributarie, pur non potendo costituire di per sé fonte di prova della commissione dei reati previsti dal Dlgs 74/2000, hanno pur sempre valore indiziario in grado di integrare il fumus commisi delictii.

Cassazione, sentenza 26274/2018


Per sospendere un processo in attesa della sentenza le parti devono coincidere

Non può essere invocata la sospensione del processo dei soci della società di persone in attesa della decisione ritenuta pregiudiziale riguardante la società non essendovi coincidenza fra le parti del processo. Infatti la sentenza avente ad oggetto il reddito della società non ha l’efficacia vincolante propria del giudicato nei confronti dei soci che non hanno la possibilità di partecipare al relativo processo. E se il socio ricorrente non contesta la propria qualità o la propria quota di partecipazione alla società ma solo l’accertamento del reddito, il rapporto di pregiudizialità necessario per la sospensione non è configurabile, perché l’accertamento, più che essere graduale, è unico ed interviene così soltanto l’ipotesi di litisconsorzio necessario originario, derivante dall’unicità dell’accertamento sia nei confronti della società che nei confronti dei soci.

Cassazione, ordinanza 15131/2018


Il giudice può liquidare il commercialista senza ripettare le tariffe

Il giudice può liquidare il compenso al dottore commercialista difensore del contribuente in deroga al regime tariffario perché le soglie numeriche indicate, anche a mezzo percentuale sia nei minimi che nei massimi, nel Dm 140/2012 sostitutivo del tariffario professionale dei dottori commercialisti, non sono vincolanti ai fini della liquidazione delle spese di giudizio.

Cassazione, ordinanza 15315/2018


Nel concordato si può istituire il fondo accantonamento tributario

Nel concordato preventivo la presenza di crediti contestati di natura tributaria, in mancanza di adeguato fondo, obbliga il tribunale nel giudizio di omologazione a disporre i relativi accantonamenti e a tenerne conseguentemente conto per l’idoneità del piano ad avere concreta attuazione. Ciò perché nella Legge Fallimentare riformata è sempre il debitore che, nel predisporre il concordato, ha il potere di decidere a quale creditore offrire il soddisfacimento del suo diritto. Per contro, il giudice del concordato non ha il potere di sostituirsi a lui e di determinare l’an ed il quantum del credito essendo il potere di cognizione rimesso al giudice competente in via ordinaria: tuttavia se quest’ultimo è il giudice tributario, allora è lo stesso giudice del concordato a disporre l’accantonamento.

Cassazione, ordinanza 15414/2018


Anche nel caso di “cash-pooling” va rimborsato il credito d’imposta

L’Amministrazione italiana è tenuta a rimborsare il credito d’imposta a favore della società francese che ha percepito dividendi dalla società italiana controllata, anche laddove sia intervenuta la compensazione tra debiti e crediti delle due società attraverso il contratto di cash-pooling anziché l’effettivo incasso dei dividendi. Ciò perché il contratto di “cash-pooling”, posto in essere tra le due società, ancorché possa assumere rilievo sotto il profilo contabile, non elimina la valenza fiscale dell’operazione di incasso dei dividendi ancorché avvenuta attraverso compensazione del debito nei confronti della società che li ha corrisposti.

Cassazione, ordinanza 15477/2018

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