FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: compensazioni, autonoma organizzazione, rimborsi Iva
Sanzionata la compensazione orizzontale oltre soglia con l’home banking. La rinuncia al credito vantato dal socio per coprire la perdita non è distribuzione in nero. No al rimborso Irap per il professionista che ha più studi. Iva rimborsabile anche se inerente spese sostenute sui beni di terzi. Obbligo della fideiussione per le «vecchie» adesioni. Sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.
Sanzionata la compensazione orizzontale oltre soglia con l’home banking
È legittima la sanzione irrogata dall’Amministrazione se il contribuente utilizza il credito Iva oltre la soglia legalmente prevista (nel caso di specie oltre 10mila euro) in compensazione orizzontale tramite modello F24 utilizzando il canale home banking anziché Entratel. Dal punto di vista procedurale, infatti:
a) è valida la tesi dell’amministrazione, secondo cui la compensazione deve avvenire necessariamente tramite entratel per importi superiori ai 10mila euro, perché lo scopo della norma, che ha imposto tale obbligo, è quello di rendere l’amministrazione celere nel controllo della correttezza dell’utilizzo del credito (articolo 10 del Dl 78/2009, applicabile ratione temporis);
b) è errata, per contro, la tesi del contribuente che ritiene illegittima la sanzione irrogata, perché comunque il credito è sostanzialmente esistente e non ostacolerebbe le procedure di controllo dell’ufficio.
Dal punto di vista quantitativo, poi, è legittima la sanzione minima edittale (250 euro) irrogata, aumentata del duecento per cento (nel caso di specie, per un ammontare complessivo, quindi, di 750 euro), e, in virtù delle ripetute irregolarità, ulteriormente aumentata del 100 per cento (quindi per un totale di 1.500 euro) da applicare a ciascuna delega F24 trasmessa, avendo il contribuente reiteratamente commesso la violazione per diverse deleghe e possedendo comunque lo stesso un’adeguata struttura organizzativa che gli consentiva di conoscere le norme da applicare.
Nel caso esaminato, la contribuente da agosto a dicembre 2010 aveva trasmesso nove F24 utilizzando il credito Iva per importo superiore a 10mila euro cadauno, tramite remote banking.
• Ctp Bergamo, sentenza 429/2/2017
La rinuncia al credito vantato dal socio per coprire la perdita non è distribuzione in nero
L’amministrazione non può qualificare la rinuncia alla restituzione di somme, precedentemente prestate dal socio alla società a titolo di finanziamento, in distribuzione di utili extrabilancio basandosi sull’errata lettura della contabilità aziendale. Questo perché va rigettata la tesi dell’Amministrazione secondo cui la scheda contabile «Finanziamento socio» indica un importo in «dare» eccedente le somme da questi effettivamente erogate in favore della società nel corso dell’anno se in realtà si tratta di somme stornate a seguito della rinuncia alla restituzione resasi necessaria per fronteggiare le perdite maturate nell’esercizio precedente, come tra l’altro risulta dal libro delle assemblee dei soci. Pertanto si deve escludere l’erogazione di somme in favore del socio da presumere come distribuzione occulta di utili in nero.
Nel caso esaminato, un socio di Srl finanzia la società e tale prestito viene registrato nel conto «Finanziamento socio». L’amministrazione analizza tale scheda di mastro il cui ammontare era già presente in esercizi precedenti ed accerta la restituzione di somme per oltre 250mila euro, totale «dare» del conto, avvenuta nel 2009, che riqualifica come utili in nero per oltre 123mila euro in quanto eccedenti l’importo da questi prestato nell’anno di imposta accertato pari a 127mila euro. In realtà il conto risulta stornato per euro 193mila euro al fine di fronteggiare la perdita del 2008.
• Ctp Milano, sentenza 5208/7/2017
No al rimborso Irap per il professionista che ha più studi
Non spetta il rimborso Irap al professionsita se questi risulta dotato di struttura autonomamente organizzata, come si evince da diversi elementi:
1) Il professionista opera in tre diverse provincie, e quindi ha una struttura più efficiente rispetto ad un comune collega che opera in un solo studio;
2) il professionista, anche se non ha sostenuto spese per dipendenti e spese per beni strumentali particolarmente elevate, si è avvalso di servizi e dei locali forniti dalle strutture che gli avevano concesso l’uso degli studi dislocati nelle diverse provincie;
3) tali spese sono di fatto a lui riconducibili, dato che l’uomo risulta socio di tali società di servizi, come si evince dallo studio di settore.
E non spetta nemmeno in subordine il rimborso Irap inerente i compensi percepiti quale sindaco e amministratore di società, se il professionista non dimostra documentalmente tali compensi, ma si limita a separarli da quelli percepiti per l’attività ordinaria, tramite utilizzo di foglio excel, quindi facilmente manipolabile.
Nel caso esaminato, il dottore commercialista ha svolto la propria attività a Milano, Roma e a Catanzaro, e ha richiesto il rimborso Irap per oltre 22mila euro, relativo all’anno 2006. Il professionista si è avvalso di strutture e servizi di apposite società in cui partecipa, affrontando spese oltre 100mila euro, a fronte di ricavi per oltre 500mila euro.
• Ctr Lombardia, sentenza 3493/15/2017
Iva rimborsabile anche se inerente spese sostenute sui beni di terzi
Il soggetto che ha, in forza di un contratto di comodato, a disposizione beni di proprietà di terzi, ha diritto di portare in detrazione, e quindi chiedere a rimborso, l’Iva generata dalle spese sostenute sui beni del comodante, indipendentemente dalla loro asportabilità al termine della durata del contratto, purché tali beni risultino effettivamente utilizzati dal comodatario. Di conseguenza, è da considerarsi illegittimo il diniego al rimborso Iva emesso dall’Amministrazione a seguito della richiesta avanzata dal comodatario basato sull’interpretazione di una risoluzione (179/E/2005), dato che la stessa non ha valenza di legge ed è stata emanata nel 2005, quindi in data antecedente la richiesta di rimborso avvenuta nel febbraio 2014.
Nel caso esaminato, una società ha inteso realizzare un impianto turistico ed a tale fine sostiene nel 2003 spese sui beni messi a disposizione del proprietario comodante, spese che hanno poi generato un Iva a credito chiesta a rimborso, ma negata poi dall’amministrazione.
• Ctr Sardegna, sentenza 277/1/2017
Obbligo della fideiussione per le «vecchie» adesioni
L’accertamento con adesione è valido se il contribuente sottoscrive l’accordo e versa l’importo totale ovvero, qualora sceglie di pagare l’importo a rate, versa la prima unitamente a una regolare fideiussione. Pertanto, non può essere ritenuto valido l’accertamento con adesione se il contribuente paga la prima rata, ma fornisce una fideiussione poi rilevatasi irregolare, se in attesa del versamento della seconda rata l’Amministrazione scopre che la società fideiussoria è in stato di fallimento. E non rileva nemmeno la circostanza che l’obbligo di rilascio della fideiussione sia stato poi eliminato dal legislatore con il Dl 98/2011, entrato in vigore dal 6 luglio del 2011, dato che nella fattispecie la polizza fideiussoria è stata rilasciata in data antecedente (nel caso esaminato, versamento della prima rata nel gennaio 2011 e rilascio della polizza in data 8 febbraio 2011).
• Ctr Sicilia, sezione staccata Caltanissetta, sentenza 3357/7/2017