Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: credito Iva, ricorso per revocazione e procura alla lite

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di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

L’installazione del filtro antiparticolato sugli automezzi euro 2 non dà diritto al rimborso delle accise sul carburante. Il maggior credito Iva richiede una nuova dichiarazione da presentare prima del suo utilizzo. Ricorso per revocazione per l’atto travisato nella sentenza. Basta la spillatura della procura alla lite al ricorso introduttivo per l’ammissibilità. Sono alcuni dei temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.


No al rimborso sulle accise per i veicoli euro 2 con filtro antiparticolato

Non spetta il rimborso delle accise sul carburante (nel caso di specie, per oltre 16mila euro, e relativo al terzo trimestre 2016) sui veicoli di categoria euro 2, anche se su di essi è stato installato il filtro antiparticolato, utile a ridurre l’inquinamento ambientale prodotto da veicoli a motore abbattendo le emissioni atmosferiche dannose derivanti dai motori a combustione che permette così agli automezzi di circolare in presenza dei blocchi di traffico.
In primo luogo, gli automezzi, una volta installato il filtro, non possono essere assimilati a quelli euro 5, poiché l’agevolazione spetta solo per gli automezzi che sono ab origine omologati come euro 5. Tanto più che la norma non prevede più dal 1° gennaio 2016 il credito d’imposta sul gasolio per autotrazione per i mezzi di categoria euro 2.
In secondo luogo, la previsione di “sanare” i mezzi di categoria “euro 2”, tramite l’istallazione di detto filtro, è stata adottata per far fronte all’impossibilità economica di rinnovare il parco veicoli italiano, artificio notoriamente introdotto per ragioni socio-economiche, al fine di consentire l’uso di numerosissimi veicoli datati e di categoria euro 2 od inferiori, sia di trasporto pubblico che di autotrasporto privato, che non può influire sulla categoria di omologazione, ma solo permette la circolazione dei veicoli stessi. Tanto più che secondo la carta di circolazione l’inquadramento in euro 5 vale “ai soli fini dell’inquinamento da massa di particolato”.

Ctp Brescia, sentenza 436/3/2017

Il maggior credito Iva richiede una nuova dichiarazione prima del suo utilizzo

La nascita di un maggior credito d’imposta (nel caso di specie, un maggior credito Iva per 36.315 euro per il 2007), poi utilizzato in compensazioni nel periodo dal novembre 2010 al gennaio 2011, obbliga la rigenerazione dello stesso nell’ultima dichiarazione precedente a quella dell’anno del suo utilizzo (nel caso di specie, Unico 2010 relativo al periodo d’imposta 2009). In tal caso la rigenerazione modifica il segno e l’ammontare della dichiarazione (nel caso di specie, l’esposizione del maggior credito di 36.315 euro relativo al 2007 nella dichiarazione Iva del periodo 2009 modifica il risultato della dichiarazione Iva da un debito di 22.950 euro a un credito di 13.365 euro) così da permetterne l’utilizzo sotto forma della compensazione. In tal caso deve essere apposto il visto di conformità previsto dall’articolo 10 del Dl 78/2009 (ratione temporis applicabile) dovendo il contribuente compensare somme superiori ai 15mila euro. Pertanto è legittimo l’atto di irrogazione delle sanzioni in capo al contribuente per la mancata apposizione del visto di conformità (nel caso di specie, 9.198 euro pari al trenta per cento di 30.666 euro euro) relativa al 2009 (Unico 2010).

Ctp Treviso, sentenza 352/4/2017

Frecce direzionali, l’imposta di pubblicità si calcola sulla superficie globale

I segnali di indicazione stradale, elencati nell’articolo 39 del Codice della stradale, in cui sono apposti i nomi di diverse ditte, sono nella sostanza delle “insegne” pubblicitarie (nel caso di specie, delle “preinsegne-frecce direzionali”) soggette alla relativa imposta, la quale va però tassata prendendo a riferimento la superficie totale della struttura in cui sono apposte tali “frecce” anziché le superfici singolarmente considerate. Pertanto è illegittimo il recupero tramite cui il Comune richiede l’imposta pubblicitaria vada assolta su ogni “freccia”, cioè su ogni messaggio pubblicitario (nel caso di specie, oltre mille euro relativa per il 2016).
Questo si evince dall’analisi congiunta della normativa di riferimento:
a) dall’articolo 47 del regolamento del Codice della Strada, ove per pre-insegna” si intende quell’elemento contenente scritte composte da elementi alfanumerici posti all’interno di una freccia di “orientamento” apposta su una struttura di sostegno, finalizzata alla pubblicizzazione direzionale della “ditta” nel raggio di cinque chilometri, struttura che può contenere al massimo sei frecce, a condizione che siano oggetto di un’unica autorizzazione;
b) dall’articolo 7 del Decreto disciplinante l’Imposta sulla Pubblicità, il quale prevede che l’impianto pubblicitario sia tassato in base alla sua superficie totale, e non dipende dal numero di messaggi in esso contenuto (nel caso di specie, del numero di frecce nella fattispecie).

Ctp Varese, sentenza 340/4/2017

Ricorso per revocazione per l’atto travisato nella sentenza

In caso di accoglimento del ricorso introduttivo proposto contro il silenzio- rifiuto di un rimborso Iva (nel caso di specie, 15mila euro relativo al 2002, ricorso proposto per non aver l’Amministrazione comunicato l’archiviazione del rimborso Iva proposto, deciso dalla Ctp Roma con sentenza n. 28/62/12 depositata il 30 gennaio 2012,) a sua volta seguito dall’appello dell’Amministrazione (nel caso di specie, per assenza di obbligo giuridico della risposta al contribuente per essersi formato un silenzio rifiuto impugnabile direttamente in Ctp, controversia questa già decisa dalla Ctr Lazio con sentenza n. 29/7/11 depositata il 16 febbraio 2011), è viziata da travisamento ed erronea valutazione dei fatti quella sentenza ove il giudice di secondo grado si riferisce ad un’altra tipologia di atto (nel caso di specie, accertamento Iva anziché provvedimento di silenzio-rifiuto sul rimborso Iva, deciso dalla Ctr Lazio 3051/1/14, depositata il 13 maggio 2014).
Pertanto, da un lato la mancata impugnazione della sentenza con il rimedio ordinario della revocazione rende definitiva la sentenza, dall’altro lato il contribuente non può richiedere l’ottemperanza del giudicato producendo copia autentica della sentenza munita di certificazione di definitività (nel caso di specie, Ctr Lazio sentenza n. 3051/1/14), perché manca il presupposto dell’inadempimento dell’Amministrazione atteso che la sentenza di secondo grado non contiene alcuna condanna dell’Amministrazione a rimborsare il credito Iva (nel caso di specie, 15mila euro oltre interessi ed accessori), ed il ricorso va pertanto rigettato (rectius: dichiarato inammissibile).

Ctr Lazio, sentenza 2729/1/2017

Procura alla lite, basta la spillatura al ricorso introduttivo per l’ammissibilità

Il ricorrente può rilasciare la procura alle liti al proprio difensore su un foglio separato, purché comunque “congiunto” anche tramite spillatura al ricorso introduttivo (nel caso di specie, procura rilasciata su foglio successivo all’ultima pagina del ricorso introduttivo ma allo stesso congiunto tramite “spillatura”). Questo perché, in base all’articolo 83 del Codice di procedura civile, ai fini della validità della procura non rileva la circostanza che la stessa non faccia menzione del procedimento per il quale è stata rilasciata ovvero non sia posta nel “corpo” del ricorso, purché venga rilasciata su foglio separato e “spillato” all’atto ed ad esso collegato tramite numerazione progressiva delle pagine. Infatti tale procedura è idonea a dare certezza dell’incarico affidato al difensore ed a far presumere che le stessa è riferita all’atto (ricorso) che è stato notificato alla parte resistente.

Ctr Sardegna, sentenza 152/1/2017

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