Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: Imu, Tarsu, Irap e appello

di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

La rettifica fatta con il metodo locativo, la Tarsu sugli arenili, l’Imu del terreno espropriato, l’Irap del commercialista, l’importanza della procedura nell’appello, la sospensione dei termini in Sicilia per «sisma 90» sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.

Valida la rettifica del valore di cessione d’azienda col metodo “locativo”

Al fine di rideterminare il valore della cessione di ramo d’azienda, l’amministrazione può utilizzare il metodo “locativo”, cioè il metodo del subentro nei contratti di locazione, perché esso rappresenta un metodo sufficientemente obiettivo. A maggior ragione se il contribuente non oppone metodi e criteri “alternativi” (Nel caso di specie, una Sas cede ramo d’azienda ad una srl per il valore di oltre 250mila euro, mentre l’erario ridetermina tale cessione tramite metodo locativo rettificando il valore in oltre 590mila euro, considerando il valore di subentro nel contratto di locazione d’azienda originariamente facente capo alla cedente del valore di oltre 99mila euro annuo)

Ctr Lombardia, sentenza 3498/2/2017


Pagano la Tarsu le aree “arenili“ dello stabilimento balneare

Vanno assoggettate a Tarsu le aree cosiddette “arenili”, ossia quelle aree di sabbia, in riva al mare, utilizzate per apposizioni di sdraio ed ombrelloni date in concessione alla società che gestisce uno stabilimento balneare.

Infatti:

a) La normativa di riferimento della Tarsu (articolo 62 del Dlgs 507 del 1993) prevede l’assoggettamento all’imposta della aree detenute, anche se scoperte, idonee a produrre rifiuti;

b) L’esclusione dalla tassazione non è automatica, bensì, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, opera solo se l’area non può produrre rifiuti in base a condizioni oggettive, che il contribuente deve dimostrare se vuole beneficiare dell’esenzione;

c) L’eventuale esclusione prevista dal Regolamento Comunale non è sufficiente al contribuente a garantirgli l’esenzione, atteso che l’assoggettamento all’imposta discende direttamente dalla normativa, e non è necessario quindi un espresso richiamo nel regolamento comunale.

Dal punto di vista temporale, l’area arenile non può essere assoggettata a tassazione per l’intero anno, bensì per il solo periodo estivo in quanto periodo coincidente con la temporanea detenzione dell’area

Ctr Lazio, sentenza 6264/1/2017


L’esproprio del terreno per opere di pubblicia utilità abbatte la pretesa Imu

Non va pagata l’Imu sui terreni oggetto di espropriazione da parte dell’Anas per la realizzazione di opere di pubblica utilità (nel caso di specie, si tratta di un’espropriazione per la realizzazione di opere viarie). Ciò perché l’esproprio fa perdere il possesso e quindi il diritto di proprietà in capo al soggetto espropriato e fa venire meno la potestà impositiva dell’ente locale. Per contro, va pagata l’Imu sui terreni agricoli ancora di proprietà del contribuente se questi non ha la qualifica “soggettiva” di coltivatore diretto ovvero di imprenditore agricolo, perché l’esenzione per tale tipologia di terreni opera solamente nei confronti di tale categoria di contribuenti.

Ctp Bergamo, sentenza 427/2/2018


Il commercialista sindaco e revisore non versa l’Irap

Il compenso percepito dal dottore commercialista relativo alla carica di sindaco di società e di revisore dei conti non va assoggettato ad Irap se per lo svolgimento di tali cariche il contribuente non si avvale di collaborazioni altrui, né tanto meno se impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile. Questo perché si tratta di attività (nel caso di specie, carica di sindaco) che non possono essere delegate a terzi, ma si basano esclusivamente sulla capacità professionale del singolo dove non può sussistere la cosiddetta “autonoma organizzazione” (nel caso di specie, l’amministrazione emette tre accertamenti in capo ad un commercialista nel 2015 tramite cui ricupera maggiore Irap relativa agli anni 2010, 2011 e 2012 pari ad oltre 4mila per ogni anno accertato relativi a compensi per attività di sindaco in diverse società).

Ctp Treviso, sentenza 404/4/2017


Inammissibilità plurima per l’appello che non rispetta le regole di procedura

È inammissibile l’appello promosso dall’appellante se non sono rispettati i dettami di legge. Dal punto di vista procedurale, il gravame intanto è inammissibile se l’appellante non deposita l’atto nella segreteria l’originale o copia del ricorso unitamente all’avviso di spedizione ovvero di ricevimento, nel termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione dell’atto da parte appellata. Poi, in caso di appello a mezzo posta, l’appellante in base alla disciplina del processo tributario ratione temporis applicabile deve altresì depositare copia dell’atto di appello presso la segreteria della Ctp che ha emesso la sentenza impugnata (ai sensi dell’articolo 53 del Dlgs 546/1992-ratione temporis applicabile). Ancora, nel caso in cui parte appellata è un ente locale (nel caso di specie, un Comune) e parte appellante sostiene di aver notificato l’appello mediante consegna diretta, il gravame è inammissibile se in giudizio viene depositata solamente una fotocopia intestata all’Ente ma priva di numero di protocollo nonché di firma dell’incaricato alla ricezione. Infine, l’appello è altresì inammissibile se non contiene una specifica e dettagliata critica alla sentenza di primo grado (Nel caso in esame, un contribuente destinatario di avviso Ici relativo all’anno 2004 proponeva gravame avverso la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso, tramite consegna diretta all’ente locale appellante, dimostrata tuttavia da una semplice ricevuta in fotocopia priva del numero protocollo nonché della firma dell’addetto alla ricezione).

Ctr Sardegna, sentenza 204/5/2017


Sisma 90, senza richiesta di proroga non scatta la sospensione dei termini

Per i contribuenti siciliani che non si sono avvalsi delle cosiddette “proroghe” per regolarizzare le proprie posizioni fiscali relativi agli anni 1990, 1991 e 1992 – cosiddetto “Sisma 90” – l’Amministrazione non può invocare l’intervenuta sospensione dei termini per giustificare la tardiva notifica del ruolo. Per le dichiarazioni presentate sino al 31 dicembre 2001, l’Amministrazione doveva notificare il ruolo entro il quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione, come disposto dall’articolo 1, comma 5 della Legge 165 del 2005, a pena di decadenza, senza che operi alcuna sospensione “automatica” dei termini. Ma per i contribuenti siciliani invece, in particolare, la sospensione dei termini opera solamente se questi – che intendevano regolarizzare le proprie posizioni relative agli anni 1990, 1991 e 1992 – presentavano apposita istanza corredata da documentazione in cui in dimostravano di risiedere nelle provincie di Catania, Ragusa e Siracusa. Pertanto l’amministrazione siciliana decade se notifica il ruolo “automatizzato” di cui alla procedura dell’articolo 36-bis del Dpr 600 del 1973 tramite cartella oltre il quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione nei confronti del contribuente che non si è avvalso della proroga. Né tanto meno può trovare applicazione la disposizione di cui alla Legge 388 del 2000, in base alla quale opera una sospensione automatica dei termini senza che il contribuente siciliano debba presentare apposita istanza, atteso che tale disposizione non ha valenza retroattiva .

Ctr Sicilia, sezione staccata Siracusa, sentenza 3773/4/2017

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