FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: interposizione fittizia, ruoli, spese di pubblicità
Non è elusiva l’operazione che separa gli investimenti sani da quelli critici. La dimostrazione della residenza estera del socio di società italiana. La sanzione sul debito rateizzato pagato solo parzialmente. Il recupero delle somme non spettanti per gli incentivi per l’incremento dell’occupazione. Fa pubblicità e non sponsorizzazione la ditta indicata nel cartellone a bordo campo. Sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.
Lecita l’operazione che separa gli investimenti sani da quelli critici
Al fine di qualificare l’operazione come elusiva (nel caso di specie, scissione societaria da Spa in due “S.A.” aventi sede in Lussemburgo), l’Amministrazione deve appurare che esistano contemporaneamente le seguenti condizioni:
a) Non ci siano valide ragioni economiche;
b) Si aggirino obblighi ovvero divieti previsti dalla normativa tributaria;
c) Si vogliano ottenere indebitamente risparmi d’imposta.
Non rientra nelle categoria sub a) quell’operazione posta in essere per fronteggiare la crisi societaria, che ha portato i soci ad optare per la scissione, per:
a) Liquidare parte degli investimenti per rimborsare i prestiti obbligazionari contratti (nel caso di specie, oltre 133 milioni euro) a fronte di contestuale emissione di nuove obbligazioni (nel caso di specie, oltre 42milioni euro) con diverse tempistiche di rimborso del prestito e con diverse condizioni finanziarie;
b) Separare gli investimenti cosiddetti“apprezzabili” da quelli che presentavano elevate criticità per fini cautelativi (nel caso di specie, grazie alla separazione attuata tramite la scissione);
c) Avvicinare la sede legale e fisica della holding risultante dalla scissione a quella della società “in crisi” e cambiare il consiglio di amministrazione per meglio attuare una diretta assunzione di responsabilità nella gestione della partecipazione da parte dei soci, nonché per offrire maggiori garanzie alle banche finanziatrici.
Pertanto va annullato l’accertamento in capo alla società risultante dalla scissione (nel caso di specie, avvenuta nel 2008), se la contribuente dimostra le valide ragioni economiche (nel caso di specie, l’operazione è stata attuata per proteggere gli investimenti “sani” da quelli risultati “critici” in cui era necessario recuperare una elevata liquidità per rimborsare i prestiti obbligazionari, prestiti su cui gravavano rilevanti oneri finanziari) poste a base dell’operazione straordinaria.
• Ctp Brescia, sentenza 441/5/2017
L’interposizione fittizia dei soci svizzeri deve essere dimostrata
Al fine di dimostrare l’effettiva residenza estera del socio di società italiana (nel caso di specie, residente in Svizzera), così da dimostrare di essere l’effettivo beneficiario del dividendo, è valida la produzione delle certificazioni dell’autorità estera, dei quali l’Amministrazione non ne ha contestata la falsità, dai quali si evince che:
a) I soci hanno effettiva residenza estera;
b) I soci hanno partecipazione minima al capitale sociale con diritto di voto nella società italiana;
c) I soci non hanno stabile organizzazione.
In tal caso, è corretto l’operato della società italiana che, a seguito di delibera assembleare in cui è decisa la distribuzione di utili ai soci (nel caso di specie, per un ammontare di 2milioni e 400mila euro), applica nei confronti dei soci residenti in Svizzera la ritenuta d’imposta del 15% così come previsto dall’articolo quattro della Convezione contro le doppie imposizioni Italia-Svizzera.
Viceversa, l’Amministrazione che intenda dimostrare come il socio estero non risulti essere l’effettivo beneficiario, ma un mero soggetto “interposto”, deve supportare tale presunzione con elementi concreti. Pertanto è illegittima la pretesa dell’Amministrazione che ritiene corretta l’aliquota ordinaria del 27% come previsto dal terzo comma dell’articolo ventisette del Dpr 600/1973 (nel caso di specie, oltre 250mila euro) sul presupposto di una interposizione fittizia dei soci svizzeri, che non risultano essere effettivi beneficiari, perché tale presunzione andava dimostrata.
• Ctp Milano, sentenza 4490/10/2017
Sanzioni e interessi solo sulle rate non pagate
In caso di invio dell’avviso bonario derivante dal controllo “automatizzato” delle dichiarazioni fiscali e di successiva rateazione del debito pagato solo parzialmente dal contribuente, le sanzioni vanno irrogate in misura piena solamente sul capitale residuo, anziché sull’intero capitale dovuto già oggetto di rateazione (Nel caso di specie, l’Amministrazione richiede tramite avviso bonario Iva non pagata per oltre 35mila euro, la quale viene rateizzata dal contribuente su quindici rate. Di queste il contribuente ne paga solo undici, beneficiando delle sanzioni ridotte al dieci per cento. Allora l’Amministrazione iscrive allora a ruolo le sanzioni e gli interessi pieni su tutte e quindici le rate).
Infatti l’applicazione delle sanzioni necessita di una c. d. “condotta illecita”, che non esiste con riferimento alle rate puntualmente pagate. Argomentando diversamente, verrebbero sanzionati allo stesso modo, e quindi ingiustamente, sia il contribuente che paga una sola rata e tralascia tutte le altre, sia quello che paga tutte le rate, tranne una. Altrettanto vale per gli interessi, i quali vanno pretesi solamente sul residuo non pagato, perché tali somme hanno natura risarcitoria e non possono essere pretese su importi già pagati. Argomentando diversamente, tali somme avrebbero carattere sanzionatorio con conseguente duplicazione delle sanzioni.
• Ctp Treviso, sentenza 360/1/2017
Le regole del ruolo valgono anche per gli atti di recupero del credito d’imposta
Gli atti di recupero del credito d’imposta, mediante i quali l’Amministrazione richiede le somme ritenute non spettanti per gli «Incentivi per l’incremento dell’occupazione»(articolo sette della Legge 388/2000), sono assimilabili agli atti impositivi. Pertanto anche ad essi si applicano, per analogia, sia le regole dell’iscrizione provvisoria a ruolo, previste dal primo comma dell’articolo 15 del Dpr 602 del 1973 sia le regole dell’iscrizione a titolo definitivo, previste dall’articolo 14, comma unico, lettera b) del medesimo Decreto (Nel caso di specie, l’Amministrazione recupera per il 2002 il credito d’imposta per “Incentivi per incremento occupazionale” con atto di recupero, oggetto di ricorso introduttivo e di successivo suo accoglimento dalla Ctp. Ciò nonostante, l’Amministrazione tuttavia iscrive a ruolo il terzo della maggiore imposta accertata e pari ad oltre 2,5mila euro).
Infatti la ratio della disposizione è quella di tutelare due interessi tra loro contrapposti, quello dell’Amministrazione che deve accelerare la riscossione, e quello del contribuente che non deve anticipare somme che potrebbero essere non dovute. Pertanto, in caso presentazione di ricorso introduttivo e di successivo accoglimento, è illegittima l’iscrizione a ruolo del terzo della maggiore imposta pretesa dall’atto di recupero del credito d’imposta, poiché la sentenza fa venir meno il titolo su cui si basa la pretesa tributaria, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza.
• Ctr Sardegna, sentenza 203/5/2017
Pubblicità e non sponsorizzazione per la ditta nel cartellone a “bordo campo”
Il contratto per l’esposizione della ditta nei cartelloni apposti a bordo campo, stipulato tra da un’impresa e la società di calcio, è un contratto pubblicitario, e non mera sponsorizzazione. Spetta pertanto la detrazione dell’Iva passiva nella misura del cinquanta per cento delle spese sostenute, differente rispetto alla (“ratione temporis”) più bassa detraibilità prevista per le spese di “sponsorizzazione”, detraibili nella misura del dieci per cento dell’Iva.
In primo luogo, il contratto di sponsorizzazione è caratterizzato da un “più forte” rapporto tra le parti contraenti, in cui spesso il soggetto, che “cura” l’esposizione del marchio della ditta, coincide col titolare della stessa. Poi il contratto di pubblicità involge parti del tutto distinte (nel caso di specie, la società sportiva è soggetto diverso dalla ditta che viene pubblicizzata).
In secondo luogo, vige la presunzione assoluta che le spese di “sponsorizzazione” vadano assimilate alle spese pubblicitarie, e come tali assoggettate al relativo regime di deducibilità se inferiori a duecentomila euro, in base a quanto disposto dall’articolo 90, comma 8 della L. 289/2002, con effetto dal 1 gennaio 2003.
• Ctr Sicilia, sezione staccata Caltanissetta, sentenza 2159/7/2017