FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: rettifica di cessione di immobili, redditometro, dichiarazione integrativa
Sono necessari elementi certi per la rettifica all’immobile ceduto e determinare così una plusvalenza. Il prelievo del titolare della ditta individuale blocca il redditometro. La lavorazione dell’oro per il committente svizzero configura una prestazione di servizi. La dichiarazione integrativa blocca le sanzioni dell’omesso versamento. Sono alcuni dei temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.
Solo elementi certi ed oggettivi riqualificano l’immobile ceduto in terreno edificabile e ne determinano la plusvalenza
La riqualificazione da parte dell’amministrazione della cessione di un immobile nella cessione di un terreno edificabile (nel caso specifico, due persone fisiche vendono per 362mila euro ad una società immobiliare il cinquanta per cento di proprietà da ognuna di esse posseduto di un’unità immobiliare, apparentemente abitazione popolare, di categoria A/3, vani 6, rendita 275,79 euro) deve fondarsi su elementi certi e oggettivi (nel caso di specie, l’Amministrazione non ha provato la circostanza che l’oggetto del contratto fosse l’area edificabile in luogo del fabbricato esistente limitandosi a citare un piano di recupero di iniziativa privata comprendendo anche l’immobile compravenduto con relativa convenzione urbanistica del 15 giugno 2005), anziché limitarsi alle specifiche circostanze che caratterizzano la cessione ed alla destinazione che al bene verrà data dall’acquirente.
Non costituiscono elementi certi e oggettivi: a) Lo schema di convenzione urbanistica stipulata dalla acquirente immobiliare col Comune se è incerto il contenuto di tale piano di recupero (nel caso di specie, erano previsti notevoli interventi di trasformazione urbana comprendenti la realizzazione di parcheggi pubblici, rete idrica, illuminazione, fognatura ed oneri di urbanizzazione sia primaria sia secondaria; b) La realizzazione, da parte della immobiliare, di complesso residenziale composto da diversi unità abitative nella stessa area in cui ricade il bene perché non è noto che la realizzazione di tali opere sia stata attuata sulla base della relativa convenzione urbanistica; c) La circostanza che il prezzo della compravendita (nel caso di specie, pari a 320mila euro) sia di gran lunga superiore al valore catastale (nel caso di specie, pari ad euro 34.750,00), poiché è notorio che il valore di mercato spesso non coincide col valore catastale dell’immobile.
Pertanto è illegittimo l’accertamento tramite cui l’Amministrazione riqualifica la cessione di immobile (nel caso di specie, posseduto da oltre cinque anni da due persone fisiche ed avvenuta nel 2011 ad una società immobiliare) in cessione di terreno edificabile con conseguente ipotizzata realizzazione di una plusvalenza in capo alle parti cedenti (nel caso di specie, di oltre 160mila euro)
• Ctp Brescia, sentenza 431/5/2017
Il prelievo del titolare della ditta individuale blocca il redditometro
Va annullato l’accertamento da redditometro se il contribuente dimostra che ha potuto far fronte alle spese poste a base della ripresa erariale tramite la somma prelevata dalla ditta di cui è titolare, perché tale somma non rappresenta una voce di tipo economico, bensì patrimoniale e quindi non è soggetta a tassazione (in pratica si ha un credito della ditta nei confronti del titolare). Nel caso esaminato, il contribuente, a seguito di un maggior reddito accertato di oltre 112mila euro contro un reddito dichiarato dal contribuente di poco oltre i 70mila euro, ha dimostrato la possibilità di poter far fronte alle spese grazie al prelievo dalla propria ditta di oltre 290mila euro).
Non è necessario infine che venga fornita la dimostrazione analitica dell’impiego di tali somme negli acquisti posti a base dell’accertamento, dato che il contribuente deve documentare solamente la disponibilità di redditi esenti ovvero soggetti a ritenuta alla fonte.
• Ctp Treviso, sentenza 346/2/2017
Prestazione di servizi la lavorazione dell’oro per il committente svizzero
La lavorazione dell’oro per conto del committente extra Ue soggetto passivo d’imposta è qualificabile come prestazione di servizi, come disposto dall’articolo 7-ter del decreto Iva, e non incrementa il Plafond Iva, dato che la contribuente non ha acquistato l’oro per poi rivenderlo (nel caso di specie, l’oro è stato fornito alla committente svizzera da altra società).
La lavorazione dell’acciaio acquistato dal contribuente è inquadrabile come prestazione di servizi se lo stesso è lavorato e fuso con l’oro per la realizzazione dei bracciali commissionati dal cliente extra Ue, e non va qualificato erroneamente come attività come prestazione accessoria alla cessione di beni extra Ue.
Pertanto, la lavorazione di bracciali composti da oro ed acciaio bicolore per conto del committente passivo d’imposta Svizzero non è qualificabile come cessione all’esportazione, bensì come prestazione di servizi, da considerarsi fuori campo Iva perché carente del requisito di territorialità, e di conseguenza tali operazioni non concorrono ad incrementare il plafond Iva grazie al quale l’esportatore abituale può chiedere ai propri fornitori la non applicazione dell’Iva. Nella fattispecie l’Amministrazione, a seguito di verifica, rettifica gli acquisti per oltre un milione di euro della società contribuente in cui non era esposta l’iva a seguito delle dichiarazione di intento presentate dalla stessa ai propri fornitori, e recupera Iva per oltre 356mila relativo al 2012 – basato su plafond costruito sulle errate cessione dei bracciali del 2011.
• C tp Varese, sentenza 338/4/2017
La dichiarazione integrativa blocca le sanzioni dell’omesso versamento
La presentazione della dichiarazione integrativa, tramite la quale il contribuente espone maggiori imponibili e quindi maggiori imposte poi pagate con ravvedimento operoso, entro i termini di presentazione della dichiarazione successiva (nel caso di specie, integrativa presentata in data 24 aprile 2012 relativa al modello Unico 2011) fa venir meno la sanzione liquidata dal controllo automatico ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973. Questo perché la regolarizzazione (con pagamento della relativa sanzione irrogata per infedeltà) della originaria dichiarazione infedele “assorbe” quella dell’omesso versamento, così come disposto dalla legge di Stabilità 2015, e confermato dalla stessa Agenzia con la circolare 42/E/2016.
Il contribuente inoltre può giovarsi del nuovo ravvedimento operoso in vigore dal 1 gennaio 2015 anche se la violazione si riferisce ad annualità pregresse (nella fattispecie 2011), dato che trattasi di disposizione di natura procedimentale Nel caso esaminato, la società contribuente presenta la dichiarazione integrativa del modello Unico 2011 in data 24 aprile 2012, e versa la maggiore iva di oltre 930mila euro. L’Amministrazione irroga due sanzioni: a) La prima di oltre 180mila euro per tardivo versamento Iva tramite ruolo; b) La seconda tramite atto di irrogazione sanzioni per infedele dichiarazione, sanzione poi pagata nella misura ridotta di un terzo dal contribuente.
• Ctr Lombardia, sentenza 3045/2/2017
Il dissesto del Comune giustifica la ratifica della delibera Tarsu
È legittima l’aliquota Tarsu del Comune (sito nella Regione Sicilia) approvata da organo comunale incompetente (giunta comunale) se questa è poi ratificata e fatta propria dall’organo competente (consiglio comunale). E tale ratifica ha efficacia ex tunc se attuata per ragioni di interesse pubblico.
Dal punto di vista normativo, la legislazione speciale della Regione Sicilia, individua il consiglio comunale quale organo competente a deliberare l’aliquota Tarsu da applicare. E allo stesso organo è riservata anche la possibilità di sanare il provvedimento annullabile, siccome emesso da autorità non competente (nella fattispecie approvazione aliquote Tarsu da parte della giunta Municipale del maggio 2010), al fine di salvaguardare un interesse pubblico che nella fattispecie è rappresentato dal dissesto in cui verte l’ente locale (secondo comma dell’articolo 21-nonies della legge 241/1990) .
Dal punto di vista temporale, la circostanza che la ratifica sia avvenuta a distanza di tempo (maggio 2011) non rileva ai fini della validità del provvedimento il quale resta efficace sin dal 2010. Questo perché non può parlarsi di violazione del principio di irretroattività delle disposizioni relative alla materia tributaria, dato che tale principio va contemperato con quello di salvaguardare gli equilibri finanziari dell’ente locale, come previsto dall’articolo 69 del Dlgs 507/93, in base al quale è consentito per gli enti in dissesto apportate variazioni anche oltre i termine del 31 ottobre, data in cui di norma gli Enti deliberano le tariffe dei tributi locali.
• Ctr Sicilia, sezione staccata Caltanissetta, sentenza 2133/7/2017