Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: spese di lite, notifica e accise doganali

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di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Ottemperanza per le spese di lite a favore del contribuente anche senza garanzia e senza “atti impeditivi”. La natura ordinatoria del termine obbliga il Concessionario a conservare la notifica della cartella anche oltre i cinque anni. Il saldo di cassa “negativo” rileva una contabilità inattendibile e giustifica l’accertamento induttivo. Accise doganali per la cessione di energia elettrica ai consorziati anche per in caso di ’autoproduzione’ effettuata dalla società “consortile” della Legge Bersani del 1999 . La presenza di “nuovi” elementi vale anche per l’emissione dell’atto di contestazione “integrativo” . Valido anche il ricorso notificato al solo Concessionario della Riscossione per contestare l’operato dell’ente creditore. Sono questi i temi trattati nella rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.

Ottemperanza per le spese di lite a favore del contribuente senza garanzia

Le spese di lite liquidate dal giudice a favore del contribuente, vanno subito corrisposte dall’Amministrazione soccombente. Questo perché la sentenza a lui favorevole è immediatamente esecutiva, ancora laddove penda in Cassazione un giudizio. Pertanto va accolto il ricorso per ottemperanza presentato dal contribuente per mancato adempimento dell’ufficio.
Nello specifico, è valida la tesi del contribuente secondo cui l’articolo 69 del Codice processuale tributario:

a) La sentenza favorevole al contribuente è immediatamente esecutiva;

b) Le spese di lite vanno corrisposte subito senza dover fornire alcuna garanzia, perché la garanzia secondo la norma (articolo 69, comma 1, secondo periodo del Dlgs 546/1992) va disposta dal giudice per il rimborso di somme superiori ad euro 10mila, ma con esclusione proprio le spese di lite.

Per contro, va rigettata la tesi erariale secondo cui l’articolo 69 non si applica alle sentenze depositate nel 2016, dipendendo l’attuazione della norma all’emanazione di uno specifico decreto (condizione prevista dall’articolo 12 del Dlgs 156/2015), poi soltanto emanato successivamente nel 28 marzo 2017 (Dm 22 del 2017). Detto decreto è volto solo a disciplinare la garanzia che, eventualmente, deve prestare il contribuente.
Non rilevano inoltre nemmeno eventuali debiti erariali del contribuente vantati dall’amministrazione nei suoi confronti che possano giustificare i cosiddetti atti impeditivi al rimborso delle somme liquidate dal giudice, quali compensazioni, fermi amministrativi, sospensione di pagamento eccetera, perché si tratta di istituti che operano solo nel cosiddetto «giudizio di cognizione» e che non possono trovare applicazione nel giudizio di ottemperanza, ove il giudice è chiamato a pronunciarsi solo in ordine all’esecuzione della sentenza.

Ctr Lombardia, ordinanza 26/01/2018


Il concessionario deve conservare la notifica della cartella anche oltre i 5 anni

Il concessionario della riscossione, al fine di provare la legittimità della pretesa avanzata nei confronti del contribuente, è tenuto a conservare ben oltre i cinque anni i documenti che attestano la notifica della cartella di pagamento, ovvero la relata o la ricevuta di ritorno della raccomandata. Questo perché, qualora il contribuente proponga ricorso avverso l’intimazione di pagamento fondata su cartelle che lui dichiara di non aver mai ricevuta, è precipuo interesse del concessionario (ma anche dell’ente titolare del diritto di credito, eventualmente evocato in giudizio), conservare detti atti per confutare quanto eccepito dal ricorrente. Difatti il termine di cinque anni ha natura meramente ordinatoria e non si applica alle questioni concernenti il contenzioso tributario.

Ctr Lombardia, sentenza 5336/24/2017


Il saldo di cassa negativo giustifica l’accertamento induttivo

La presenza di un saldo cassa “negativo” rilevato nelle operazioni di verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza è indice di una contabilità fittizia e quindi inattendibile così da giustificare il successivo accertamento induttivo da parte dell’amministrazione. Ciò perché il saldo di cassa può essere solamente positivo, o, al limite, pari a zero, e quindi si presume la presenza di ricavi non dichiarati per tutto l’intervallo temporale durante il quale tale saldo ha assunto valore inferiore a zero. E non è valida la tesi del contribuente che attribuisce ad una cattiva gestione contabile la presenza del saldo negativo, perché trattasi infatti di dichiarazione priva di pregio ed inoltre non asseverata.

Ctr Lazio, sentenza 6267/1/2017


Accise doganali per la cessione di energia elettrica ai consorziati

La società consortile, che produce energia elettrica tramite fonti rinnovabili, deve pagare le accise doganali qualora fornisca energia elettrica ai propri consorziati. Questo perché, ai sensi della normativa sulle accise (articolo 52 del Testo Unico Accise, TUA) l’esenzione sulle accise spetta solamente al contribuente che produce energia elettrica da fonti rinnovabili, a condizione che venga però destinata ad autoconsumo ed in locali diversi dalle abitazioni. Per contro, non gode tale esenzione l’energia elettrica eccedente il proprio autoconsumo ed erogata a terzi, perché questi (nel caso di specie, i consorziati) sono soggetti giuridici distinti dalla società produttrice. Non rileva, infine, la definizione di “autoproduttore” di energia elettrica da fonti rinnovabili alla società consortile di cui al cosiddetto decreto Bersani (articolo 2, comma 2, Dlgs 79/1999) per la disciplina sulle accise.

Ctp Treviso, sentenza 4/03/2018


L’emissione dell’atto di contestazione “integrativo” richiede nuovi elementi

Va bloccato l’accertamento “integrativo” se l’amministrazione non indica i nuovi elementi tramite cui intende ampliare e integrare l’avviso già in precedenza emanato nei confronti del contribuente, perché la possibilità di derogare al cosiddetto “principio di unicità” dell’atto impositivo e di inviarne uno nuovo ad integrazione del primo, è subordinato al fatto che nel nuovo atto siano indicati i nuovi elementi, prima sconosciuti, su cui si basa la nuova pretesa (articolo 43, comma 4, Dpr 600 del 1973). E tale principio si applica anche all’autonomo e successivo atto di contestazione delle sanzioni relativo all’omesso versamento di ritenute, che si fonda su un accertamento già in precedenza emanato tramite il quale l’amministrazione ha accertato maggiori ricavi e quindi conseguenti maggiori imposte, nel quale l’Amministrazione non aveva indicato i nuovi elementi posti a base della ripresa erariale.

Ctr Puglia, sezione staccata di Lecce, sentenza 71/22/2018


Vale il ricorso notificato al solo concessionario della riscossione

È legittimo il ricorso proposto contro l’annullamento del ruolo e della derivata cartella di pagamento notificato al solo concessionario della riscossione tramite il quale il contribuente contesta l’omessa notifica dell’atto prodromico (nel caso di specie, l’avviso di accertamento) di competenza dell’ente creditore. Questo perché:

a) il contribuente è libero di promuovere l’azione indifferentemente nei confronti dell’ente creditore ovvero del concessionario della riscossione;

b) l’azione è correttamente instaurata avverso il concessionario della riscossione dato che l’atto impugnato uno dei due atti impugnati, cioè la cartella di pagamento, è stato emesso da quest’ultimo, anche tenuto conto che la notificazione della cartella di pagamento vale anche quale notificazione del ruolo.

Ctr Sardegna, sezione staccata Sassari, sentenza 17/08/2018

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