FISCO E SENTENZE/Le pronunce di Milano: amministratori di fatto, Dogane e ritardati pagamenti
La Commissione tributaria di Milano si è espressa su una serie di vicende riguardanti la notifica di accertamento, il mancato coordinamento dell’amministrazione finanziaria, le prove necessarie per le agevolazioni doganali e gli interessi in caso di ritardo nel pagamento. Ecco nel dettaglio i principi espressi dai giudici tributari.
La notifica all’amministratore di fatto “sopravvive” alla chiusura della società
Anche in caso di avvenuta cessazione e cancellazione dal registro imprese di una Società, rimane valida – fatta salva l’ordinaria prescrizione di legge - la notifica dell’avviso di accertamento a soggetti differenti, identificati come “amministratori di fatto”. In tal caso, l’avviso di accertamento deve esplicitare detta identificazione.
È questa la posizione dei giudici milanesi, che hanno ritenuto valido l’avviso di accertamento emesso nei confronti di due persone accusate di aver movimentato somme per conto della società e di aver effettuato atti gestori nell’interesse della compagine sociale. Nel caso di specie, i giudici hanno altresì rilevato come i soggetti coinvolti, in appello, non avessero minimamente contestato l’accusa rivolta a loro stessi (quella, per l’appunto, di essere amministratori di fatto), limitandosi a contestare la legittimità della notificazione in presenza di una società cessata. Così facendo, hanno reso definitivo l’accertamento “nel merito”, e quindi le citate accuse basate sulle risultanze delle indagini, cristallizzate dapprima nel Pvc e successivamente negli avvisi di accertamento.
Ctr Milano n. 3437/2017
Il mancato coordinamento dell’amministrazione finanziaria non può ledere il contribuente
Il collegio giudicante chiarisce che il mancato coordinamento tra gli organi della stessa Amministrazione non può gravare sul contribuente. Nella fattispecie in oggetto, la società ricorrente, avendo preso parte ad una cessione di ramo d’azienda, si è vista notificare un avviso di accertamento emesso dall’ufficio prima della chiusura del Pvc svolto dalla Gdf, con conseguente violazione dell’art.12 co.7 della legge 212/2000. Nel caso di specie è stata considerata priva di valore la giustificazione proposta dall’Ufficio, il quale si è difeso sostenendo che l’avviso di accertamento emesso scaturiva dal Pvc emesso dalla GdF nei confronti di un altro contribuente partecipante alla stessa operazione di cessione.
Sentenza Ctp n. 5211/2017
Per le agevolazioni doganali ex art.147 Reg. Cee sono necessarie prove forti
Con la Sentenza in epigrafe, i Giudici hanno accolto l’appello dell’Ufficio che rilevava un’errata interpretazione da parte dei Primi Giudici in relazione alla adeguata dimostrazione all’autorità doganale dell’agevolazione di cui all’art. 147 Reg. Cee. Tale agevolazione, si ricorda, consente agli operatori - in caso di più vendite successive - di dichiarare il valore relativo al prezzo anteriore all’ultima vendita, ossia quello della prima vendita (first sale rue) generalmente più conveniente. Nel caso di specie, la società appellata non ha provato ritualmente che la prima cessione sia stata conclusa in vista dell’esportazione della merce verso la Comunità, così come prescrive il già citato art. 147. In particolare, la stessa società appellata non ha provato che le merci in questione fossero state specificatamente ordinate “da intermediario che le ottiene da un fabbricante il quale provvede al trasporto diretto verso la Comunità”, come prevede la norma.
Sentenza Ctr Milano n. 3474/2017
L’ufficio può chiedere interessi in caso di ritardo nel pagamento anche se questi non sono previsti in sentenza
La Commissione, esaminati gli atti e la documentazione prodotta, ritiene di non poter accogliere il ricorso presentato dalla contribuente.
È valido l’operato dell’Ufficio che, nell’emettere l’avviso di intimazione di pagamento oggetto del presente giudizio, predispone il conteggio delle somme dovute a fronte di quanto stabilito dalla Commissione Tributaria (in un contenzioso correlato e dal quale il presente deriva).
Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che, nonostante le eccezioni sollevate in tale sede dalla contribuente, quest’ultima fosse tenuta a pagare l’Irpef nella misura così determinata.
Stante il ritardo nel pagamento, la contribuente è tenuta a pagare anche gli interessi calcolati sulla somma così rideterminata dalla Commissione Tributaria (riferita alla causa parallela), interessi che non hanno natura sanzionatoria ma risarcitoria, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1277 Codice Civile.
Conseguentemente, accertato con sentenza il ritardo nel pagamento dell’Irpef, è corretto che l’Ufficio richieda anche il pagamento degli interessi nella misura stabilita dalla legge in caso, appunto, di ritardo nell’adempiere ai propri obblighi di natura pecuniaria.
Sentenza Ctp Milano n. 5197/2017
Hanno collaborato Domenico Crosti e Gaetano Sirimarco