FISCO E SENTENZE/Le pronunce di Milano: interpello, accertamento e transfer pricing
Rimborso dell’imposta di registro proporzionale dovuto se il contribuente ha correttamente versato l’Iva. Il rigetto di istanza di interpello disapplicativo non è impugnabile. La mancanza di contratti in quanto normale “modus operandi” deve essere accompagnata da altre “tracce scritte”. Transfer Pricing: accertamento ok se la motivazione dell’Ufficio fa emergere discordanze nel calcolo del contribuente. Sono questi i temi della rassegna delle principali pronunce della Ctr Lombardia e Ctp Milano.
Rimborso dell’imposta di registro proporzionale dovuto se il contribuente ha correttamente versato l’Iva
Con la Sentenza in epigrafe, i Primi Giudici accolgono le ragioni del contribuente avverso tacito diniego di rimborso presentato da quest’ultimo, condannando l’Ufficio alle spese di lite. La società, in quanto anche locatrice di immobili strumentali, oltre ad assoggettare i relativi canoni ad Iva, aveva prudenzialmente versato l’imposta di registro proporzionale dell’1% ai sensi dell’articolo 40, comma 1-bis del Dpr 131/86 in combinato disposto con l’articolo 5, comma 1, lettera a-bis, della Tariffa Parte Prima allegata al Testo Unico del Registro. La ricorrente evidenziava negli atti come tale versamento risultasse manifestamente indebito e quindi oggetto di richiesta di rimborso poiché la predetta imposta di registro era configurabile come un’imposta sul volume d’affari diversa dall’Iva e quindi vietata ed illegittima ai sensi dell’articolo 401 della Direttiva n.2006/112/CE, tesi già accolta in altre pronunce di merito messe a disposizione del Collegio giudicante.
• Sentenza CTP Milano n. 3018/2018
Il rigetto di istanza di interpello disapplicativo non è impugnabile
Nel caso di specie i giudici della Ctr, riformando la sentenza di primo grado, accolgono l’appello dell’ufficio e chiariscono che il diniego di interpello non è impugnabile in quanto non ha un carattere di definitività tipico degli atti previsti dall’articolo 19 , Dlgs 546/92 (Come già sostenuto nella sentenza n.3527/17 della stessa Ctr). Inoltre, gli stessi giudici precisano la mancanza di interesse del contribuente a ricorrere avverso un provvedimento di diniego, in quanto lo stesso afferisce ad una fase interlocutoria tra fisco e contribuente e, di conseguenza non lede direttamente la sfera giuridica di quest’ultimo (cfr. Sentenze n. 4479/17, n. 4346/17, n. 917/17 Ctr Milano).
• Sentenza CTR Milano n. 3030/2018
La mancanza di contratti in quanto normale “modus operandi” deve essere accompagnata da altre “tracce scritte”
Il contenzioso trattato dalla Ctr Lombarda prende avvio a seguito di una attività istruttoria conclusasi con l’emissione di un avviso di accertamento per fatture oggettivamente inesistenti.
Tra le varie motivazioni prese in esame dalla Commissione, ve ne è una riferita all’inesistenza di accordi scritti tra la società accertata e una società fornitrice, a sua volta oggetto di verifica fiscale al termine della quale la stessa è stata considerata una cartiera.
La società accertata, a giustificazione dell’inesistenza di contratti scritti con il fornitore, ha sostenuto la “normalità” nell’ambito del mercato di riferimento, ed in relazione alle caratteristiche delle imprese (medio/piccole) che vi si collocano, in linea con la società stessa.
I giudici, pur prendendo atto che la legge non impone la forma scritta ad substantiam nei rapporti commerciali tra privati, potendosi quindi per astratto considerare l’inesistenza di accordi formalizzati per iscritto, rileva altresì che l’inesistenza di qualsivoglia documento scritto sia assolutamente un’anomalia, atteso che «l’accorto operatore economico ha normalmente cura di tenere traccia scritta in ordine ai soggetti con cui viene in contatto, non fosse altro che ad probationem o per tutelarsi in caso di inadempimenti».
• Sentenza CTR Milano n. 3029/2018
Transfer Pricing: accertamento ok se la motivazione dell’Ufficio fa emergere discordanze nel calcolo del contribuente
Nell’ambito di una vertenza in tema di Transfer pricing, la Ctr Lombarda ha approfondito il tema, delicato, relativo alla validità del “ricalcolo” dell’Ufficio, atto a contestare quello, iniziale, effettuato dalla società contribuente.
In prima battuta, la Commissione sostiene (in linea con la Cassazione, sentenza n. 13387/2016) che, relativamente alle operazioni intercompany, l’onere probatorio gravante sull’Amministrazione Finanziaria si esaurisca nel fornire la prova di corrispettivi inferiori al cosiddetto “valore normale di mercato”.
Fatta tale premessa, i giudici milanesi si spingono oltre, andando a verificare se e quando il cosiddetto “ricalcolo” possa risultare più convincente rispetto a quello precedentemente formulato dal contribuente.
Ebbene, dal corpo della sentenza si evince che le caratteristiche che detto “contro ricalcolo” deve avere al fine di “vincere” contro quello prospettato dalla società sono, essenzialmente, due:
a)L’esistenza di un percorso logico ineccepibile: nel caso di specie, l’Agenzia aveva chiarito i presupposti in forza dei quali aveva ritenuto di operare la separazione delle funzioni svolte nell’ambito del gruppo, ed applicando il metodo adottato in funzione alle peculiarità di queste ultime;
b)Capacità di evidenziare le incongruenze del calcolo effettuato dal contribuente: sempre nel caso trattato, l’Ufficio era stato in grado di far emergere una discordanza di dati riportati in due differenti prospetti riepilogativi formulati dalla società.
Quando il ricalcolo proposto dall’Ufficio è dotato di entrambe le caratteristiche suesposte, la pretesa erariale è da considerarsi corretta.
• Sentenza CTR Milano n. 3035/2018
Ha collaborato Domenico Crosti