Fondazione estera «interposta» anche per gli eredi ma con l’incognita dell’imposta di donazione
Continua ad essere considerata interposta ai fini reddituali la fondazione dichiarata tale in sede di voluntary disclosure, ma le attribuzioni ai beneficiari potrebbero rilevare ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni. Sono questi gli intricati chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 473/2019 di ieri .
L’istante è una Fondazione di famiglia del Liechtenstein (Familienstiftung) costituita da una persona fisica fiscalmente residente in Italia con lo scopo di gestire taluni asset finanziari esteri. Il fondatore aveva aderito alla voluntary disclosure per regolarizzare, ai fini delle imposte sui redditi, i capitali esteri, dichiarando che la fondazione era un soggetto interposto. A seguito del decesso del fondatore, i suoi figli sono diventati unici beneficiari. L’istante chiede chiarimenti in merito al regime fiscale applicabile, ai fini reddituali e dell’imposta sulle successioni e donazioni, alle somme eventualmente erogate ai beneficiari residenti in Italia.
Nel contesto della disclosure, l’Agenzia aveva chiarito come fosse necessario verificare se le Familienstiftung fossero veicoli fittiziamente interposti oppure paragonabili ad un diverso soggetto giuridico. Nel primo caso, si riteneva che il beneficiario dovesse regolarizzare gli asset detenuti dalla fondazione (circolare 27/E/2015). In specie, lo stesso fondatore aveva dichiarato che i capitali erano solo fittiziamente intestati alla fondazione e che la regolarizzazione doveva riguardare le attività finanziarie. Nella risposta in esame l’Agenzia ha quindi gioco facile per concludere che la dichiarata interposizione fittizia si riflette anche nei confronti degli attuali beneficiari, i quali dovranno assolvere agli obblighi fiscali direttamente in relazione ai redditi finanziari prodotti (non sarebbe qui applicabile il nuovo articolo 13 del Dl 124/2019 che prevede la tassazione dei redditi «corrisposti» ai residenti italiani da trust o altri istituti analoghi - incluse le stiftung - stabiliti in Paesi a fiscalità privilegiata da individuare verosimilmente sulla base della tassazione nominale).
Quanto alla rilevanza delle attribuzioni alla fondazione ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, l’Agenzia non si esprime (nonostante il quesito vertesse proprio su questo), ma ritiene che «non si può escludere che tale presupposto possa essere soddisfatto nell’ipotesi in cui si realizzino i trasferimenti ai beneficiari». Qui l’Agenzia sembra distanziarsi dal proprio orientamento (interpello 371/2019, circolari 48/E/2007 e 3/E/2008) secondo cui il presupposto per l’applicazione dell’imposta scatterebbe all’atto della dotazione da parte del disponente e non al momento della devoluzione finale dei beni ai beneficiari (come invece sostiene la Cassazione con orientamento ormai consolidato, ex multis, 15453/2019, 16700/2019, 19319/2019).
Infine, poiché il fondatore, fino alla data del decesso, risultava titolare di un diritto esclusivo sul patrimonio e sui redditi della fondazione, l’Agenzia “non esclude” nemmeno che tale diritto possa rientrare nell’attivo ereditario che gli eredi devono dichiarare ai fini successori, con ciò però aprendo la strada ad una difficilmente sostenibile ipotesi di doppia tassazione sia “a monte” (con la successione) sia “a valle” (in sede di eventuali future distribuzioni) ai fini dell’imposta in esame.
Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 473/2019