Fondi immobiliari esteri, decisiva la qualificazione dei proventi
La qualificazione giuridica attribuita dall’ordinamento italiano a un provento (derivante da un investimento in un fondo immobiliare estero) determina il tasso d’imposta applicabile, sulla base della convenzione contro le doppie imposizioni tra i due stati, per il computo del credito d’imposta ai sensi dell’articolo 165 del Tuir. Questa è la decisione che viene comunicata dall’agenzia delle Entrate nella risposta 157 all’interpello del 28 dicembre 2018 ( clicca qui per consultarlo ).
Nel caso esaminato, infatti, un ente non commerciale aveva investito in un fondo immobiliare istituito all’estero. Il reddito in questione aveva una determinata qualificazione giuridica all’estero in quanto reddito in uscita e una differente qualificazione in Italia, in quanto reddito in entrata.
Il dubbio sollevato dal contribuente era, dunque, se si dovesse tenere in considerazione, ai fini del calcolo del credito d’imposta, del tasso applicabile convenzionalmente sulla base della qualificazione giuridica attribuita al provento estero dallo stato di residenza (Italia) o se, invece, si dovesse tenere conto del tasso effettivamente applicato in virtù della qualificazione che era attribuita dallo Stato della fonte.
Per rispondere a ciò l’agenzia delle Entrate ha tenuto conto di quanto era già stato precedentemente stabilito ai sensi della circolare 9/E/2015, vale a dire del fatto che per il calcolo del credito d’imposta, qualora il residente in Italia produca il reddito in uno stato con il quale l’Italia abbia una convenzione contro le doppie imposizioni, il rapporto ex articolo 165 del Tuir deve essere computato nel limite della ritenuta convenzionale.
L’eccedenza pagata all’estero potrà essere, eventualmente, recuperata con istanza di rimborso presso lo Stato della fonte.
Quanto appena detto riporta, in realtà, al ruolo primario che la convenzione per evitare le doppie imposizioni ha nel rango delle fonti legislative nel nostro Stato (unica eccezione si trova all’articolo 169 del Tuir dove viene stabilito che «le disposizioni del presente testo si applicano se più favorevoli al contribuente»). Tale convenzione, infatti, perviene al rango di fonte di diritto internazionale, dunque sovraordinata alle norme di primo grado di diritto interno.
Inoltre, in base alla normativa nazionale, (articolo 13, comma 2, del Dlgs del 4 marzo 2014 e dell’articolo 44, comma 2, lettera g del Tuir) i proventi derivanti dalla partecipazione a fondi immobiliari esteri devono essere considerati redditi di capitale; infine, qualora non sia stata appositamente stabilita, mediante convenzione, la natura giuridica attribuibile a tali proventi, deve ritenersi applicabile, ai sensi di quanto disposto dalla circolare 11/E del 2011, la disciplina dell’imposizione convenzionalmente stabilita per gli interessi.
L’agenzia delle Entrate dunque, sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento italiano e poiché non sussiste al livello internazionale (i.e. nella convenzione tra lo stato alla fonte e lo stato di residenza) una differente e più specifica qualificazione giuridica, da priorità alla qualificazione data dall’Italia a tal provento.
Nei fatti oggetto di interpello perciò, è risultato possibile applicare agli stessi la qualificazione giuridica di «interessi», applicando ai fini del calcolo del credito d’imposta scomputabile dall’imposta dovuta in Italia, il tasso applicabile convenzionalmente a tale specifica categoria di reddito di capitale (nonostante non fosse stato il tasso attuato nella realtà).
Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 157/2018