Fondi immobiliari, Fisco neutro in base alla residenza
La disciplina tedesca detassa solo parzialmente le realtà di altri Stati. Anche le regole italiane sono calibrate diversamente per gli organismi esteri
Con sentenza del 27 aprile (causa C-537/20), la Corte di giustizia dell'Unione Europea ha giudicato lesiva del principio di libera circolazione dei capitali, di cui all'articolo 63 del Tfue, la disciplina fiscale tedesca concernente i redditi dei fondi immobiliari.
La disciplina, con riferimento ai proventi da locazione e vendita di beni immobili situati in Germania, prevede una detassazione solo parziale per i fondi residenti in un diverso Stato Ue (nel caso esaminato, il Lussemburgo), mentre esenta integralmente i fondi residenti tedeschi.
Il caso tedesco
Secondo il giudice tributario nazionale (Finanzgericht di Münster), l'esenzione riservata ai fondi di diritto nazionale costituisce attuazione del “principio di trasparenza”, in forza del quale i redditi sono assoggettati a imposizione una sola volta, a livello degli investitori (ciò al fine di equiparare la tassazione dell'investimento indiretto, tramite un fondo, all'investimento diretto negli immobili).
Sui proventi percepiti da investitori non residenti partecipanti a un fondo tedesco, infatti, quest'ultimo ha l'obbligo di effettuare una ritenuta alla fonte.
Per contro, nel caso dei fondi esteri, i redditi immobiliari percepiti sul territorio tedesco sono tassati presso il fondo stesso, non potendo la Germania esercitare il proprio potere impositivo nei confronti dei partecipanti.
In entrambi i casi, i redditi percepiti in Germania da investitori non residenti risultano assoggettati a imposta una sola volta, ma a livelli diversi.
La Corte del Lussemburgo
Secondo il giudice europeo, invece, tale restrizione non sarebbe giustificata dalla volontà di «preservare la coerenza del sistema fiscale», in quanto la normativa tedesca non subordina in alcun modo l'esenzione dei fondi residenti alla condizione che i redditi immobiliari siano distribuiti e assoggettati a imposizione a livello dei loro investitori (tanto che residenti in Germania che investono in fondi esteri sarebbero comunque tassati due volte): l'unico criterio di distinzione rispetto ai fondi esteri si basa dunque sul luogo di residenza dei fondi ed è quindi lesivo dell'articolo 63.
Le ricadute
I principi enunciati nella sentenza della Corte di giustizia assumono potenziale rilevanza anche con riferimento alle norme fiscali italiane, che prevedono:
- l'esenzione dei redditi (inclusi quelli rivenienti dall'attività di locazione nonché dalla vendita degli immobili detenuti in Italia) percepiti dai fondi immobiliari italiani, in base al solo criterio della residenza fiscale in Italia e prescindendo dalle modalità di tassazione degli investitori;
- la tassazione dei fondi esteri, considerati soggetti passivi dell'Ires, in relazione ai medesimi redditi.
Occorre osservare in generale che la disciplina di esenzione dei redditi percepiti dai fondi Ue/See, introdotta dalla Legge di Bilancio 2021 (articolo 1, comma 631, della legge 178/2020) in seguito all'attività investigativa condotta dalla Commissione Ue (Eu Pilot 8105/15/Taxu), risulta tuttora incompleta (e dunque censurabile) in quanto:
- si occupa solo di alcune specifiche fattispecie reddituali (dividendi da società italiane e plusvalenze da cessione di partecipazioni in società residenti), ignorando dunque i redditi realizzati dai fondi esteri da altre fonti (ad esempio, dal possesso e dalla vendita di immobili);
- non copre il trattamento dei fondi residenti in Paesi terzi (nei confronti dei quali l'articolo 63 trova comunque applicazione, anche in base alla consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, nonché della Corte di Cassazione).