Fondi «long term»: arrivano le tutele per gli investitori
I fondi comuni d'investimento europei a lungo termine (Eltif) stanno per aggiungersi alle altre tipologie di fondi comuni contemplati dal Testo unico della finanza. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato uno schema di decreto legislativo mirante ad adeguare la norma italiana primaria al regolamento europeo Ue/2015/760, in vigore dal 9 dicembre 2015 (e già operativo in alcuni Paesi).
Gli Eltif sono fondi di investimento alternativi che per le loro caratteristiche sembrano adattarsi ad essere utilizzati anche nell'ambito di piani d'investimento del risparmio.
Si tratta di fondi chiusi – in quanto gli investitori non possono chiedere il rimborso delle quote o delle azioni detenute prima della fine del ciclo di vita dell'Eltif – la cui politica d'investimento (definita nel regolamento) fa sì che sia possibile che detengano attività tendenzialmente illiquide.
Pur essendo, quindi, prodotti finanziari che possono presentare significativi profili di rischio e complessità, il regolamento prevede che siano collocabili anche presso clientela non professionale. Il regolamento introduce alcuni presìdi rafforzati, a tutela dell'investitore, in aggiunta a quelli già disciplinati dalla direttiva 2011/61/Ue (direttiva Aifm), dalla direttiva 2003/71/Ce (direttiva Prospetto) e dalla direttiva 2014/65/Ue (direttiva Mifid 2). In particolare il regolamento definisce:
gli investimenti ammissibili: strumenti di equity o quasi equity e strumenti di debito emessi da particolari tipologie di imprese dette “imprese di portafoglio ammissibili”, prestiti a loro favore e – a certe condizioni – altri Elfit o fondi europei per il venture capital (EuVeca) o fondi europei per l'imprenditoria sociale (EuSef);
le imprese di portafoglio ammissibili: le imprese, diverse da quelle finanziarie: i) le cui azioni o quote non siano negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione; oppure siano negoziate ma con una capitalizzazione di mercato inferiore a 500 milioni di euro; ii) siano stabilite nella UE o in un Paese terzo, a condizione che si tratti di un Paese collaborativo e che assicuri un adeguato scambio di informazione fiscale;
le attività non ammesse: fra cui le vendite allo scoperto, la stipula di derivati non di copertura, il prestito titoli, l'esposizione verso merci.
Inoltre, il regolamento stabilisce rigidi limiti di diversificazione e concentrazione del portafoglio dell'Eltif.
La tutela degli investitori al dettaglio è assicurata anche dagli obblighi di trasparenza imposti al gestore e dal fatto che il collocatore deve adottare e applicare una specifica procedura per valutare se lo specifico prodotto sia adatto alla commercializzazione presso la clientela retail e deve fornire alla clientela stessa una consulenza adeguata in materia di investimenti. Inoltre, se il portafoglio del potenziale investitore al dettaglio non supera 500mila euro, il gestore o il distributore si deve assicurare che questi non investa un importo aggregato che superi il 10% del suo portafoglio in Eltif e che l'importo minimo iniziale investito in uno o più Eltif sia pari a 10 mila euro.
Il regolamento Ue è dettagliato in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati. Pertanto gli interventi che il legislatore deve effettuare sul Testo unico sono minimi: l'individuazione delle autorità nazionali competenti per la vigilanza sui fondi (Consob e Banca d'Italia), i rispettivi poteri e le sanzioni.