Adempimenti

Fondo perduto, cessione di beni strumentali sempre rilevante nel calcolo

La vendita di cespiti entra nel fatturato per il calcolo del diritto. Escusi dal conteggio i rimborsi spese fuori campo Iva

di Luca Gaiani

Gli intrecci tra fatturato e ricavi del mese di aprile complicano i calcoli del contributo a fondo perduto. La determinazione dell’importo si basa esclusivamente su ciò che costituisce fatturato ai fini dell’Iva anche se la manifestazione temporale è anteriore o successiva a quella del ricavo, ma in talune circostanze, in particolare per operazioni senza imposta, è necessaria una correlazione col dato rilevante per le imposte sui redditi.

Fatturato con ambito incerto

In diversi provvedimenti di sostegno post emergenza Covid il legislatore utilizza, per determinare la misura delle agevolazioni concesse, il termine fatturato, che non è supportato da alcuna definizione normativa (il Tuir parla di «ricavi o compensi»; la legge Iva di «volume di affari»).

Questa “imprecisione” lessicale ha sollevato numerosi dubbi interpretativi che hanno costretto l’agenzia delle Entrate a correre dietro alle singole casistiche per indicare, di volta in volta, se un importo rientrava o meno nell’ambito della norma.

Nella circolare 22/E/2020 si è ribadito che il fatturato va individuato in ciò che ha concorso alla liquidazione periodica di aprile 2020 e aprile 2019, anche se il sottostante ricavo è di competenza di un periodo anteriore o successivo. Alle operazioni rilevanti ai fini Iva vanno aggiunti, in base alla circolare, i ricavi o compensi che non comportano obblighi di certificazione (fattura o corrispettivi) ai fini Iva (si pensi ai rivenditori di giornali o ai tabaccai), da quantificare sulla base delle regole di determinazione del reddito. Conseguentemente, qualora un soggetto abbia certificato con fattura «fuori campo Iva» un ricavo o compenso, il relativo importo va considerato nel calcolo del Cfp. Correlativamente, le fatture fuori campo emesse per movimenti finanziari che non costituiscono ricavi o compensi (si pensi alle somme indicate nell’articolo 15) non vanno invece considerate, come si è più volte sostenuto sul Sole 24 Ore.

Beni ammortizzabili

Da un ulteriore passaggio della circolare 22/E (3.4) parrebbe che il fatturato rilevi solo quando riguarda somme che rappresentano ricavi o compensi (fatte salve le sfasature temporali). Questa affermazione, se presa alla lettera, andrebbe in conflitto con l’istruzione, più volte ribadita e mai revocata, secondo cui il fatturato comprende anche le cessioni di beni ammortizzabili (che vanno nella liquidazione periodica ma non costituiscono «volume di affari» ai fini Iva).

L’indicazione dell’Agenzia, che ha carattere generale non assoluto (salvi, dunque, i casi specifici già esaminati e risolti), va legata alle situazioni, sopra richiamate, in cui i ricavi potrebbero non essere coperti da fatturato (in quanto si tratta di operazioni non rilevanti per l’Iva). La vendita di un cespite, con fattura Iva emessa ad aprile 2019 o 2020, va quindi certamente considerata per calcolare la base del Cfp, anche se, ai fini del reddito, essa genera plusvalenze o minusvalenze e non ricavi.

Cessazione attività

In diversi interventi, l’Agenzia ha confermato che, per stabilire se l’attività era ancora in corso alla data di invio dell’istanza (condizione di spettanza del Cfp), rileva l’esistenza, o meno, di una partita Iva. Ha destato dunque una certa perplessità l’esclusione dai soggetti in attività delle imprese poste in liquidazione entro il 31 gennaio 2020, dato che, come noto, la liquidazione è una procedura che comporta l’emersione di operazioni rilevanti ai fini Iva. D’altro canto, la stessa circolare 22/E (5.7) ammette al contributo imprese inattive alla Camera di commercio (anche prima del 31 gennaio), che hanno ancora la partita Iva aperta.

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