Imposte

Forfettari, la partita Iva extra Ue preclude il 5%

Con l’interpello 197 le Entrate spiegano che la mera prosecuzione di una attività, già svolta sotto forma di lavoro autonomo o dipendente, anche all’estero, non consente l’aliquota ridotta

di Alessandra Caputo

La mera prosecuzione di una attività, già svolta sotto forma di lavoro autonomo o dipendente, non consente l’applicazione dell’aliquota ridotta del 5%; ciò anche se la precedente attività era svolta all’estero.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 197 del 20 aprile fornisce alcuni chiarimenti sul comma 65 della legge 190/2014 che consente ai soggetti che si avvalgono del regime forfettario di applicare, per il primo anno di attività e per i quattro successivi, una aliquota agevolata del 5% in luogo del 15%.
La fattispecie analizzata riguardava un designer, residente da alcuni anni, in un Paese estero (extra Ue) ed esercente attività di lavoro autonomo mediante partita Iva estera. Il contribuente era intenzionato a trasferire la propria residenza in Italia ed aprire una nuova partita Iva (dopo aver chiuso la partita Iva estera), avvalendosi del regime forfettario.
Il dubbio riguardava la possibilità di applicare o meno l’aliquota ridotta del 5%.

L’applicazione della riduzione di aliquota richiede il rispetto di tre requisiti:

a) che il contribuente, nei tre anni precedenti, non abbia esercitato altra attività professionale artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare;

b) che l’attività non consista in una mera prosecuzione di quella svolta in qualità di lavoratore dipendente o autonomo;

c) che, qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente non sia superiore al limite di 65.000 euro.

Il contribuente riteneva che le previsioni del comma 65 fossero riferita alle attività svolte con partita Iva italiana e non, come nel caso del contribuente, alle partite Iva estere. Di conseguenza, riteneva di poter aprire la partita iva in Italia nel 2022 ed applicare il regime forfetario con aliquota ridotta al 5% sino al quinto anno di attività, vale a dire fino al 2026.La risposta dell’Agenzia delle Entrate è però negativa.

Nella risposta, l’Agenzia, infatti, ricorda come la ratio della norma sia quella di «favorire l’avvio di nuove attività» e che non può essere considerata “nuova” una attività che, pur essendo svolta in Italia per la prima volta, mantiene le medesime caratteristiche di quella svolta all’estero.Come sottolineato dall’agenzia delle Entrate, che l’attività non fosse dotata del requisito di novità, lo precisava l’istante stesso nell’interpello presentato; egli, infatti, riferiva che la sua intenzione era quella di proseguire la «medesima attività svolta nel Paese estero» e che la stessa sarebbe stata «rivolta agli stessi clienti».

In sostanza, il principio che viene affermato è che occorre considerare l’attività nella sua sostanza e non il luogo in cui la stessa è svolta.Infine, l’Agenzia ricorda che l’applicazione del regime forfetario, sebbene con aliquota del 15% in luogo del 5%, nel caso descritto era comunque subordinata alla circostanza che il contribuente trasferisse la propria residenza in Italia. Infatti, come previsto dal comma 57 della legge 190/2014, il regime forfettario è precluso ai non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto. Considerato che il contribuente istante, al momento della presentazione dell’istanza, era residente in un Paese extra Ue, avrebbe potuto applicare il regime forfettario nel 2022, solo nel caso in cui avesse trasferito effettivamente la residenza in Italia in tempo utile per poter essere considerato residente ai fini fiscali nell’anno.

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