Forfettari, stretta in arrivo: allo studio i limiti su costi per dipendenti e beni strumentali
La flat tax al 15% per le partite Iva fino a 65mila euro sarà rivista e corretta in chiave antielusione. Allo studio la possibilità di reintrodurre vincoli e paletti per frenare la corsa al regime forfettario che potrebbe aver attratto, tra le diverse modalità d’ingresso, già tra 1,7 e 2 milioni di autonomi, professionisti e piccoli imprenditori. Il Governo sta vagliando, infatti, una serie di opzioni in modo da riportare il meccanismo agevolato nel suo alveo iniziale, ossia come regime dedicato alle piccole o piccolissime partite Iva nella fase iniziale della propria attività. Una vera e propria marcia indietro rispetto all’estensione operata dalla legge di Bilancio dello scorso anno e fortemente voluta dalla Lega che, proprio partendo dalle partite Iva, aveva immaginato un percorso finalizzato a introdurre la flat tax per tutti i contribuenti. Un dietrofront che coinvolgerà anche il forfettone del 20% per chi ha ricavi o compensi fino a 100mila euro: regime che, stando a quanto affermato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nel corso di «Piazza pultita» giovedì sera, non entrerà mai in vigore.
Il confronto, invece, sulla flat tax fino a 65mila euro è aperto. Come sottolineato sempre dal titolare di via XX Settembre, «cambiare il regime fiscale ad anno in corso è una cosa complicata» ma «nella maggioranza discuteremo» anche su questo regime. I tecnici stanno studiando la possibilità di introdurre nuovi limiti per evitare comportamenti elusivi finalizzati a entrare o uscire dal regime agevolato come una sorta di “porta girevole”. Di certo al momento c’è la bocciatura da parte di Bruxelles in riferimento all’ipotesi iniziale di estendere l’obbligo di fatturazione elettronica ai forfettari. Il regime fino a 65mila euro è stato autorizzato lo scorso dalla Commissione Ue sulla base della vecchia deroga con cui era stato dato il via libera al regime dei minimi. E, in quanto contribuenti “minori” o comunque di ridotte dimensioni, non possono essere gravati di ulteriori adempimenti tributari.
Il faro al momento, quindi, è accesso su almeno quattro possibili ambiti di intervento. In primo luogo, la reintroduzione di alcune clausole di esclusione come quelle su dipendenti e beni strumentali: prima delle modifiche entrate in vigore lo scorso 1° gennaio, i forfettari non potevano erogare compensi a lavoratori dipendenti oltre i 5mila euro né acquistare beni strumentali oltre i 20mila euro. In secondo luogo, sul tavolo c’è anche chi propone di agire sulla suglia di ricavi o compensi che ora è stata uniformata per tutti a 65mila euro mentre fino allo scorso anno era differenziata tra le attività in base ai codici Ateco: ad esempio, per i professionisti il tetto si fermava a 30mila euro mentre per il commercio all’ingrosso o al dettaglio si attestava a 50mila euro.
Ma tra gli interventi più accreditati c’è quello relativo alla necessità di introdurre vincoli più stringenti per chi entra ed esce dal regime al di là della soglia di ricavi o compensi. Uno dei fenomeni sotto osservazione riguarda le partite Iva che per un anno intero non fatturano nulla mentre nel successivo tornano ad avvalersi del regime agevolato.
Infine nell’elenco delle soluzioni allo studio c’è anche quella di una modifica al rialzo dell’aliquota dell’imposta sostitutiva. Ma è un’ipotesi che verosimilmente sarà accantonata perché già oggi con il prelievo del 15% sono molte le micro e piccolissime partite Iva penalizzate. Anche se va ricordato che le start up possono avvalersi in partenza di un prelievo ridottissimo del 5 per cento.
Ora le proposte di intervento elaborate dai tecnici saranno sottoposte al vaglio politico. E già a metà della prossima settimana si dovranno tirare le fila per inserire nella griglia le misure destinate a entrare nel decreto fiscale collegato alla manovra. Resta la considerazione che si tratta di un intervento ad alto impatto proprio perché la platea dei potenziali interessati rasenta i 2 milioni di partite Iva.