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Forniture di prodotti agricoli, contratti scritti e sanzioni per i ritardi nei pagamenti

Lo schema di Dlgs esaminato in Cdm prevede una sanzione va da 1.000 a 40mila euro nel caso di mancata forma scritta

Maggiori tutele nei rapporti commerciali relativi alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari. Lo prevede lo schema di decreto legislativo, approvato in esame preliminare dal Consiglio dei ministri del 29 luglio scorso, in attuazione della direttiva Ue 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali tra imprese della filiera agricola e alimentare.

La direttiva Ue è stata emanata al fine di riequilibrare i rapporti commerciali tra fornitori di prodotti agricoli e acquirenti, poiché spesso sono caratterizzati da considerevoli squilibri nel potere contrattuale a favore di questi ultimi. Il decreto legislativo in attuazione della direttiva è teso a riequilibrare i rapporti contrattuali, prevedendo l’obbligo di forma scritta e riducendo i tempi di pagamento a favore dei fornitori di prodotti agricoli. La normativa troverà applicazione solo nei rapporti tra fornitori e acquirenti aventi natura di impresa, mentre sono esclusi i rapporti con i consumatori finali.

L’articolo 3 dispone che i contratti di fornitura di prodotti agricoli debbano necessariamente essere redatti in forma scritta e debbano riportare la durata del contratto, le quantità, le caratteristiche, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. Il contratto può essere sostituito da documenti di trasporto, bolle di consegna, fatture di vendita e anche ordini di acquisto a condizione che questi riportino tutti gli elementi necessari del contratto e tra acquirente e fornitore sia stato redatto un accordo quadro. I contratti di cessione devono avere durata non inferiore a dodici mesi, oppure devono essere redatti con l’assistenza delle organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, inoltre se il contratto ha durata almeno pari a tre anni si considera redatto secondo i principi di trasparenza, buona fede e correttezza.

L’articolo 4 elenca invece le pratiche commerciali espressamente vietate. Tra queste ha un peso significativo il fatto che il versamento dei corrispettivi per la cessione di prodotti deperibili debba avvenire entro trenta giorni dalla consegna, ovvero entro 30 giorni dal momento in cui il corrispettivo è determinato. Per i beni agricoli e alimentari non deperibili il termine è di 60 giorni. Il mancato rispetto dei termini di pagamento consente al fornitore di richiedere il pagamento di interessi legali di mora in misura pari al saggio legale incrementato di quattro punti percentuali. Tale tasso è inderogabile e non può essere variato dalle parti nel contratto.

Sono inoltre vietati i comportamenti che pongono il fornitore in una situazione di inferiorità rispetto all’acquirente: tra queste si segnalano la facoltà da parte dell’acquirente di annullare ordini con preavviso inferiore a 30 giorni, l’inserimento di clausole contrattuali che obblighino il fornitore di farsi carico di costi dell’acquirente, nonché l’utilizzo di gare e aste a doppio ribasso e la vendita a prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione, determinati periodicamente da Ismea.

Pesanti le sanzioni previste dal decreto legislativo: nel caso di mancata forma scritta, la sanzione va da 1.000 a 40mila euro. Nel caso di mancato rispetto dei termini di pagamento la sanzione va da 500 a 500mila euro.