Frode, senza coinvolgimento diretto è nullo il sequestro su beni della moglie dell’evasore
È da considerarsi nullo il provvedimento di sequestro sui beni della moglie del presunto evasore se non vi sono elementi sufficienti a ritenere che ci sia un diretto coinvolgimento nella frode fiscale; la Corte di cassazione con la sentenza n.14046, del 27 marzo 2018, ha respinto il ricorso della Procura nei confronti di una titolare di una cartiera costituita al fine di non assolvere le imposte.
La vicenda approda in Cassazione a seguito dell’impugnazione della Procura della sentenza emessa dal Tribunale che aveva annullato i provvedimenti di sequestro preventivo per equivalente, emessi nei confronti di una imprenditrice, in relazione ai reati di associazione per delinquere per aver promosso, costituito e organizzato una struttura con varie ramificazione in Italia e all’estero finalizzata a realizzare un flusso continuo di illegali importazioni sul territorio nazionale di prodotti petroliferi, in evasione di accisa e di Iva.
Secondo la Procura, l’accusa si basava sul fatto che la signora era titolare di una ditta individuale, esercente attività di trasporti su strada, che aveva coadiuvato il marito negli acquisti e nell’allocazione dei prodotti petroliferi importati; la tesi del ricorso in Cassazione, da parte della Procura, consiste nel fatto che seppur corrisponde al vero che il ruolo dell’imprenditrice dovrà essere accertato con accuratezza, nella fase “cautelare” è evidente il suo ruolo nella commercializzazione illegale di prodotti petroliferi e, pertanto, è legittimo il sequestro cautelativo dei beni.
I giudici di legittimità, analizzato il ricorso della Procura, lo respingono. Osserva la Cassazione, infatti, che nelle intercettazioni effettuate non risulta alcun dialogo che avesse visto l’imprenditrice protagonista dei fatti e che evidenziassero una sua consapevole partecipazione nei fatti contestati, neppure in prima persona. Per tali motivi il ricorso è respinto.
Cassazione, sentenza 14046/2018