Contabilità

Fuori dai benefici l’accantonamento per i rischi futuri

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di Paolo Meneghetti

Entrambe le procedure sul deprezzamento delle rimanenze di magazzino (si veda articolo a fianco) presentano qualche criticità dal punto di vista fiscale.

Partiamo dall’accantonamento per rischi futuri denominato «fondo obsolescenza del magazzino». Come già ricordato tale accantonamento non presenta le condizioni legali per legittimare la deduzione fiscale quindi sarà necessario eseguire una variazione in aumento nel modello Redditi sia nell’ambito Ires che nell’ambito Irap. La deduzione avverrà al momento in cui il rischio temuto si realizza, ipotizziamo per cessione a stock delle merci obsolete contenute nel magazzino. Al momento della cessione vengono rilevati i ricavi che derivano dalla vendita ed altresì vengono determinate le giacenza finali al netto delle merci cedute.

Se immaginiamo per semplicità che le giacenze prima della cessione ammontassero a 100 con una valutazione di realizzo pari a 20, sarà stato imputato un accantonamento di 80. Nel momento della cessione a 20 si avrà un ricavo per 20 ( per semplicità trascuriamo gli aspetti Iva) e giacenze finali pari a zero. Nell’esercizio della cessione si avrà un risultato negativo di 80 ( meno 100 variazione rimanenze e più 20 ricavi) . In realtà il documento Oic 31 prevede che i fondi vengano utilizzati direttamente al verificarsi dell’evento temuto senza più passaggio al conto economico, ma in tale caso, dato che l’evento temuto è l’azzeramento delle giacenze a seguito di cessione, sembra preferibile la soluzione dell’utilizzo indiretto del fondo, quindi rilevando un provento a conto economico che dovrebbe essere oggetto di una variazione diminutiva in sede dichiarativa per permettere la deduzione del costo.

Un’altra criticità fiscale attiene invece alla svalutazione delle giacenze laddove esse siano rappresentate da beni non fungibili, tipico esempio è il cosiddetto «magazzino immobili», cioè fabbricati collocati nell’attivo circolante in quanto destinati alla vendita. Anche per questi beni vale la regola civilistica della svalutazione delle giacenze laddove il valore di presumibile realizzo al mercato sia inferiore rispetto al costo di iscrizione. Anzi in questo campo è ipotesi frequente il deprezzamento degli immobili , specie in periodi di crisi del mercato immobiliare.

Ebbene la svalutazione di tali beni non è ammessa fiscalmente, secondo una tesi espressa dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione 98 del 2012, nella quale si è preso atto che letteralmente l’articolo 92, comma 5 del Tuir ammette la svalutazione solo quando i beni non sono valutati al costo specifico, che è la tipica metodologia di valutazione per gli immobili merce. Si tratta di una tesi opinabile e avversata dalla dottrina (norma di comportamento Asc 168 del 2007) secondo cui la mancata citazione della metodologia del costo specifico nell’ambito dell’articolo 92, comma 5 del Tuir non è argomento rilevante.

Infatti non serve una specifica norma per dare rilievo fiscale alla svalutazione delle rimanenze di beni non fungibili: la deducibilità è sancita direttamente dal principio di derivazione per cui una volta rilevato a conto economico il minor valore della rimanenze esso sarà rilevante anche ai fini fiscali.

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