Controlli e liti

Gli ostacoli sulla strada di una voluntary efficiente

di Alessandro Caridi e Davide Rotondo

Il contrasto all’evasione fiscale è in cima all’agenda dei vari Governi e dei principali Organismi internazionali (G-20, Ocse) da diversi anni.
Uno degli strumenti più importanti utilizzati per perseguire questo scopo è rappresentato dallo scambio informativo di dati finanziari, potenziato in maniera significativa con l’emanazione da parte dell’Ocse del Common Reporting Standard (“Crs”), lo standard multilaterale che determinerà già nel 2017 il primo scambio di informazioni tra le varie Giurisdizioni aderenti.
In questo contesto di sempre maggiore trasparenza fiscale, la possibilità offerta dalla legge n. 186/14 sul rientro dei capitali illecitamente detenuti all’estero (voluntary disclosure) rappresenta l’ultima spiaggia offerta ai contribuenti infedeli. Purtroppo, nonostante il contesto delineato ed il carattere premiante, la voluntary presenta ad oggi una serie di ostacoli normativi e operativi da parte delle banche e dei professionisti coinvolti nell’elaborazione dei calcoli dei contribuenti che stanno rallentando la presentazione delle istanze all’agenzia delle Entrate, rischiando di compromettere il raggiungimento dell’obiettivo di recupero di gettito tributario previsto.

La possibilità di raccogliere qualche miliardo di entrate fiscali già nel corso del 2015 è piuttosto bassa, tanto che ad oggi sembrerebbe siano pervenute all’Agenzia poco più di 2.000 istanze.
Tra le soluzioni operative da considerare, la prima in ordine di importanza, nonché più semplice da realizzare, è rappresentata dalla proroga dei termini (oggi previsti al 30 settembre 2015) che, ad esempio, potrebbe essere limitata, ad esempio, al mese di dicembre 2015. Per venire incontro alle esigenze di contribuenti e professionisti ed intermediari finanziari, questi ultimi impegnati in onerose attività di raccolta ed elaborazione dei dati finanziari, si potrebbe prevedere che l’istanza abbia valenza di sola autodenuncia, con il blocco dell’accertamento sul patrimonio oggetto di emersione, consentendo la finalizzazione dei calcoli e lìinvio della documentazione anche molto tempo dopo la scadenza relativa all’invio dell’istanza.
Dal punto di vista della finanza pubblica – ispirandosi a modelli già adottati in altri Paesi, tra cui gli Usa e che andrebbero calibrati alla nostra realtà - si potrebbe prevedere contestualmente alla presentazione dell’istanza, il pagamento di una somma autoliquidata da parte del contribuente, che andrebbe così a versare subito una parte o tutte le imposte e sanzioni stimate da versare. Le eventuali differenze, positive o negative, che dovessero emergere in sede di controllo da parte dell’Agenzia, potrebbero essere gestite all’atto della chiusura della procedura. Ciò consentirebbe di acquisire la certezza dell’incasso di almeno una parte delle somme collegate alla regolarizzazione, senza dover aspettare che l’Ufficio riveda e concluda la pratica molti mesi dopo l’istanza (che in molti casi coincide anche con lo sblocco dei fondi da parte degli intermediari esteri). A tutela delle ragioni dell’Erario, si potrebbe prevedere che il contribuente che presenti l’istanza rinunci – con riferimento alle annualità oggetto di regolarizzazione – alla prescrizione dei termini di accertamento, con la possibilità dunque per l’Agenzia di procedere all’accertamento oltre i termini ordinari, almeno fino alla conclusione della procedura.
Questi semplici aggiustamenti potrebbero ridurre i problemi di molti. Il governo anticiperebbe gli incassi al 2015 sembra disporre l’ennesima proroga tuot court. L’Agenzia avrebbe tempo per meglio gestire l’attuale situazione di stress organizzativo per la caotica situazione dirigenziale. Le banche estere avrebbero più tempo per rintracciare ed informare i propri clienti e produrre la documentazione necessaria alla regolarizzazione. I commercialisti avrebbero più tempo per completare il loro lavoro rispettando i necessari standard qualitativi.
Migliaia di contribuenti interessati alla regolarizzazione, ad oggi ancora recalcitranti, specialmente quelli con patrimoni più piccoli, avrebbero maggiore facilità nell’affidare la propria pratica ai professionisti ad oggi già in difficoltà nel far fronte alle esigenze dei contribuenti già acquisiti, a beneficio anche degli standard qualitativi.
Una proroga ben studiata volta ad aumentare l’efficacia della voluntary disclosure avrebbe l’effetto indiretto nel medio e lungo periodo di ricorso ridotto ma più focalizzato degli strumenti di scambio dati messi in piedi a livello internazionale e almeno in parte già in Italia ( Tiea, articolo 26 del modello di convenzione contro la doppia imposizione Ocse, Common Reporting Standard, cooperative e Saving directive, eccetera)

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