Controlli e liti

Greco: lotta evasione priorità anche con la stretta sul contante

di Alessandro Galimberti

Mentre il procuratore della Repubblica di Milano, Francesco Greco, sferrava l’ennesimo attacco alla questione morale dell’evasione - parlando ieri in un convegno organizzato dalla Cgil - il Gip del tribunale ambrosiano, Giuseppina Barbara, negava alla stessa Procura la questione di costituzionalità su alcuni aspetti premiali della voluntary disclosure del 2015.

«Negli ultimi trent’ anni abbiano assistito a un esodo biblico di capitali dall’Italia all’estero o alla monetizzazione dell’evasione in cassette di sicurezza» ha detto Greco nel convegno, sottolineando che «la lotta all’evasione dovrebbe essere fatta indipendentemente da chi sta al governo o al Mef» perché «una quota consistente della lotta all’evasione deve essere usata solo per abbassare le tasse. Dobbiamo mostrare ai cittadini che il contrasto all’evasione giova loro». In Italia invece, ha aggiunto l’ex capo del pool dei reati finanziari «c’è una cosa strana che colpisce, e cioè che nei confronti degli evasori fiscali c’è sempre un atteggiamento di perdonismo, e oggi dal perdonismo stiamo passando al giustificazionismo». Quindi «bisogna trovare tutti i mezzi per contrastarla. Se alzare la pena di un reato è un modo per contrastarla io la alzo. Se vietare l’uso del contante è uno strumento, lo uso».

Ma proprio mentre Greco scagliava l’ennesima scomunica all’evasione - non dimenticando neppure l’elusione dei big-tech («La questione della web tax è un problema molto serio. O noi riusciamo a tassare i profitti dei big data oppure non avremo i soldi per finanziare il welfare»), il Gip del Tribunale negava ai colleghi della Procura il tentativo di restringere per via costituzionale l’ingresso alla Vd del 2015 (60 miliardi emersi con il 6% di imposte recuperate). Secondo la Procura, che intendeva allargare il perimetro di un’inchiesta con 8 imputati, tra presunti evasori e loro consulenti presunti riciclatori, la causa di non punibilità penale garantita agli “emergenti” sarebbe troppo ampia e finirebbe comunque per creare una fascia troppo popolosa di legibus soluti. In particolare, la Procura contestava la circostanza che alcuni consulenti degli imputati già nel 2013 erano stati (pubblicamente) indagati per reati di riciclaggio ed esterovestizione, ma ciò nonostante agli imputati del procedimento non poteva essere contestata la «formale conoscenza» preclusiva dell’accesso alla emersione a prezzo scontatissimo. Tuttavia il Gip Giuseppina Barbara ha negato l’innesco della questione di costituzionalità, sottolineando che l’intervento della Corte sarebbe potuto esondare in una manipolazione in malam partem dei criteri di imputazione penale su un tema prettamente politico (nell’accezione giudiziale del termine). La scelta di agevolare il contribuente privo di «conoscenza formale» di atti investigativi a suo carico non appare al Gip «né arbitraria né manifestamente irragionevole, ma semplicemente dettata dalla precisa volontà di ampliare la platea dei destinatari del trattamento penale di favore e di indurli finalmente a regolarizzare la loro posizione con l’Erario e a sottoporsi alla potestà impositiva dello Stato italiano».

Allo stesso modo per il Gip non può essere scissa la causa di non punibilità dell’ “emergente” da quella, “politicamente collegata”, del consulente riciclatore.

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