Imposte

Gruppo Iva con unica partita

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di Michele Brusaterra

Fattura emessa dal Gruppo Iva, attraverso la sua partita Iva, ma indicazione del codice fiscale del soggetto del Gruppo che ha effettuato la cessione. Tale codice fiscale deve essere inserito anche nelle fatture ricevute dal Gruppo Iva.

Queste alcune regole stabilite dal decreto attuativo, del 6 aprile scorso, delle norme sul Gruppo Iva, contenute all'interno del Titolo V-bis Dpr 633/1972.

Più precisamente, l'articolo 1 del decreto stabilisce che al Gruppo Iva viene attribuito un proprio numero di partita Iva, a cui è associato ogni partecipante al Gruppo stesso. Tale numero di partita Iva deve essere riportato nelle varie dichiarazioni e «in ogni altro atto o comunicazione relativi all'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto».

Conseguenza immediata della perdita della autonoma soggettività passiva dei singoli partecipanti al Gruppo Iva, è che le operazioni che intercorrono tra i soggetti passivi d'imposta facenti parte del Gruppo divengono irrilevanti ai fini Iva.

L'articolo 70-quinquies Dpr 633/1972 prescrive, infatti, che «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto partecipante a un gruppo Iva nei confronti di un altro soggetto partecipante allo stesso gruppo Iva non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi agli effetti degli articoli 2 e 3», dello stesso Dpr 633/1972.

In altre parole, divenendo il Gruppo Iva l'unico soggetto passivo ai fini Iva, assumono rilevanza solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, da parte di un qualsiasi soggetto partecipante al Gruppo Iva, nei confronti di un soggetto non facente parte del gruppo stesso.

Reciprocamente, rilevano le operazioni intercorrenti tra un soggetto non facente parte del Gruppo Iva e un soggetto facente parte del Gruppo Iva. In tale caso, tali tipologie di operazioni si considera effettuate direttamente con il Gruppo Iva.

Naturalmente le operazioni fra i soggetti partecipanti al Gruppo Iva dovranno essere rilevate ai fini della determinazione sia del risultato economico dell'esercizio, sia ai fini delle imposte dirette, utilizzando i registri prescritti dal Dpr 600/1973.

Per le imprese in contabilità semplificata, il decreto del 6 aprile scorso stabilisce che esse «sono tenute a rilevare tali operazioni con idonea documentazione emessa nel rispetto del loro ordine cronologico riportando tutti gli elementi utili ad identificarle».

L'articolo 3 del decreto ministeriale dispone, ancora, che il rappresentante del Gruppo Iva - ovvero i partecipanti al gruppo - deve documentare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di soggetti terzi, attraverso l'emanazione della fattura che deve contenere tutti i dati e avere le caratteristiche di cui all'articolo 21 Dpr 633/1972.

Tale fattura deve contenere, però, oltre al numero di partita Iva del Gruppo Iva, «anche il codice fiscale del soggetto partecipante che ha realizzato l'operazione».

Viceversa, nel caso di acquisti effettuati dal Gruppo Iva, quest'ultimo deve comunicare ai fornitori sia la partita Iva del Gruppo, sia il codice fiscale del singolo partecipante a cui l'acquisto andrà riferito. Stabilisce, quindi, il decreto che «al momento della ricezione della fattura i medesimi soggetti verificano l'indicazione del codice fiscale e provvedono al suo inserimento ove mancante».

Tale norma non si concilia molto bene con l'avvento, proprio dal 1° gennaio 2019, della fattura elettronica.

Per ulteriori approfondimenti vai alla sezione «Circolari 24» del Quotidiano del Fisco

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