Adempimenti

I dati e-commerce vanno conservati per dieci anni

Il marketplace garantisce la tracciabilità e l’esibizione delle operazioni al Fisco

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

Le vendite online tramite marketplace devono rispettare nelle singole fasi precisi adempimenti di fatturazione, tracciabilità dell’operazione e conservazione decennale dei dati per consentire i successivi controlli alle amministrazioni fiscali.

Tra le novità in vigore dal prossimo 1° luglio (previste nello schema di Dlgs all’esame preliminare del Consiglio dei ministri di venerdì 26 febbraio) ha risonanza quella relativa alle piattaforme elettroniche che costituiscono per i fornitori di beni il facilitatore per raggiungere il mercato e realizzare le singole transazioni. È stato già sottolineato (si veda l’articolo) quali sono le operazioni interessate dalla presunzione per cui la piattaforma è considerata il soggetto cedente, come vanno gestite la territorialità e l’esigibilità dell’imposta. Il regime opera, però, a condizione che siano rispettati determinati adempimenti in tema di fatturazione e di conservazione dei documenti.

La prima precisazione riguarda proprio la fattura. Il regime del marketplace comporta una “finzione” per cui la vendita del prodotto dal fornitore al consumatore attraverso la piattaforma digitale è suddivisa in due operazioni, ovvero la cessione dal cedente all’interfaccia elettronica (B2B) e la cessione dall’interfaccia al consumatore finale (B2C). Ebbene, dallo schema di decreto (articolo 36-bis del Dpr 633/72), in recepimento della norma unionale, emerge un preciso obbligo di fatturazione della presunta cessione B2B, anche se la stessa è esente dall’imposta (articolo 10, comma 3, del Dpr 633/72). Ciò vale, però, solo nell’ipotesi in cui il marketplace facilita una vendita di beni a distanza all’interno dell’Ue. Diversamente, nel caso di vendita a distanza di beni importati, poiché trattasi di una cessione che ha luogo fuori dall’Ue, le regole della direttiva Iva non si applicano, per cui non esiste l’obbligo per il fornitore di emettere la fattura ai fini Iva (occorre piuttosto una «fattura commerciale» per l’adempimento degli obblighi doganali). Quanto alla presunta cessione B2C, per l’emissione della fattura occorre considerare che: nel caso di vendita a distanza di beni importati, si applicano le regole della direttiva, la quale, in realtà, non prevede alcun obbligo di emettere una fattura per le forniture B2C e quindi neppure in questo caso; nel caso di vendita di beni all’interno dell’Ue, può verificarsi sia una cessione interna sia una vendita a distanza intraUe. Per quanto riguarda la prima (fornitura domestica), non vi è obbligo emettere la fattura trattandosi di un’operazione B2C (articolo 22 del Dpr 633/72). In riferimento alla seconda (vendita a distanza intraUe), se la piattaforma utilizza il sistema Oss, non ha obbligo di fattura. Da qui si deduce che, qualora la piattaforma non operi attraverso l’Oss, la fattura deve essere emessa secondo le regole del Paese in cui la cessione è effettuata.

Inoltre, è previsto che le piattaforme elettroniche conservino la documentazione relativa alle descritte operazioni per un periodo di 10 anni che decorrono a partire dal 31 dicembre dell’anno in cui l’operazione si considera effettuata. Tale documentazione, se richiesta dalle autorità fiscali, va fornita per via elettronica (articolo 39 del Dpr 633/72).

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