Finanza

I due pilastri mondiali che il G20 avanzerà contro le pratiche fiscali scorrette

Sul tavolo la definizione di regole comuni da sottoporre ai governi per individuare una soluzione tecnica

La definizione delle nuove regole fiscali del “campo da gioco” che vedrà contrapposte, da un lato, le amministrazioni fiscali, in particolar modo quelle del vecchio continente e dall’altro, le multinazionali, in particolare quelle del nuovo mondo che operano nei settori altamente digitalizzati, rappresenta uno dei più ambiziosi propositi per il 2020.

L’arbitro di questa partita è, come sempre, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che nel 2019 ha avviato un progetto volto a contrastare i fenomeni di digitalizzazione dell’economia.

Il progetto di lavoro - che l’Ocse ambisce a completare nel 2020 - si articola secondo due direttrici: la prima, “Pillar One”, rivolta al contrasto di pratiche fiscali abusive nell’ambito del settore dell’economia digitale; la seconda, “Pillar Two”, denominata Global Anti-Base Erosion (“GloBE”), che ha formato oggetto dell’ultima delle consultazioni pubbliche di confronto con i rappresentanti della business community, ruota attorno all’individuazione della soglia minima di tassazione entro la quale i “gruppi” si dovrebbero collocare al fine di integrare una forma di tassazione equa.

I lavori dovranno definire le regole comuni da sottoporre ai governi in sede di G20, per individuare una soluzione tecnica condivisa per contrastare pratiche fiscali scorrette.

Le proposte
Le nuove proposte si inseriscono in un contesto che ha già registrato nel corso degli ultimi anni delle importanti evoluzioni, sia a livello domestico, grazie al recepimento della direttiva europea Atad, che a livello della normativa pattizia dei trattati contro le doppie imposizioni, con l’introduzione del modello di convenzione multilaterale, che permetterà di modificare le Convenzioni senza l’esigenza di transitare per la rinegoziazione bilaterale. Evoluzioni che originano proprio dal lavoro svolto, sempre in sede Ocse, nell’ambito del progetto Beps, che si è concluso nel mese di ottobre del 2015 con la pubblicazione di 15 azioni, aventi ad oggetto altrettante tematiche fiscali mirate ad impedire i suddetti fenomeni erosivi.

L’Ocse è dunque alla costante ricerca di strumenti in grado di contrastare fenomeni di erosione della base imponibile. Un’attività di contrasto che, per ciò che concerne il progetto GloBE, dovrebbe essere garantita da una serie di regole volte, nello specifico, a:

- tassare per trasparenza il reddito estero secondo dinamiche similari alla Cfc rules italiane (“income inclusion rule”);

- disconoscere la deduzione di taluni pagamenti a soggetti esteri che non assoggettano a tassazione congrua i relativi proventi (“undertaxed payments rule”);

- sostituire il metodo convenzionale dell’esenzione con il “credito d’imposta”, ad esempio in presenza di regimi fiscali nel Paese della stabile organizzazione di eccessivo favore (“switch-over rule”) o ancora disconoscere l’applicazione di una previsione convenzionale di esenzione o minor tassazione alla fonte, laddove – ad esempio – il Paese del percettore non presenti un livello di tassazione adeguato (“subject to tax rule”).

In caso di mancato rispetto della minimum tax, dovrebbero dunque trovare applicazione le previsioni allo studio.

Il prossimo passo sarà provare a passare dalla teoria alla pratica, così che la base comune di discussione formatasi col progetto GloBE possa ricevere l’endorsment necessario per previsioni normative concrete, ciò tenendo conto che, da un lato, si vuole evitare l’introduzione di normative unilaterali tra loro difformi, e, dall’altro, buona parte delle misure in discussione comporta la modifica dell’attuale normativa pattizia alla quale sono informate le Convenzioni contro le doppie imposizioni, la cui modifica richiede un processo ed una forma di consenso decisamente intensi.

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