I proventi da attività occasionale non entrano nel calcolo del pro rata
Sono operazioni accessorie quelle di importanza secondaria o accidentale rispetto alla cifra d’affari globale dell’impresa
Costituiscono proventi, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità dell’Iva da pro-rata, quelli derivanti da un’attività svolta in maniera occasionale e, pertanto, estranea a quella di impresa propria del contribuente, la cui occasionalità va accertata concretamente e non sulla base delle mere previsioni statuarie, secondo parametri di regolarità causale rispetto al fine produttivo. La natura dell’attività (occasionale o caratteristica) deve essere inoltre stabilita, ai fini della sua ricomprensione nel calcolo del pro-rata, avendo riguardo all’attività svolta in modo prevalente dall’impresa, riservando particolare attenzione all’ammontare complessivo dei ricavi derivanti dall’una rispetto a quelli provenienti dall’altra.
A tale conclusione è giunta la Cassazione con l’ordinanza 12689/2020.
In ambito Iva, ai fini del calcolo della percentuale di detraibilità in relazione all’effettuazione di operazioni esenti, per verificare se una determinata operazione attiva rientri nel calcolo del “pro-rata”, occorre fare riferimento all’attività prevalente, svolta in concreto dall’impresa (Cassazione, sentenza 8813/2019).
Il paragrafo 2, lettere b) e c), articolo 174 della Direttiva Iva definisce operazioni “accessorie” quelle «di importanza soltanto secondaria o accidentale rispetto alla cifra d’affari globale dell’impresa» che devono essere escluse dal calcolo del pro-rata «onde evitare che possano falsarne il significato reale nella misura in cui essi non riflettano l’attività professionale del soggetto passivo».
Il comma 2, articolo 19-bis del Dpr 633/1972 afferma che si tratta di operazioni che «non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo». Il riferimento è a operazioni che, sebbene effettuate abitualmente e sistematicamente, non rappresentano quelle alle quali è orientata l’attività svolta abitualmente dall’impresa (circolari ministeriali 25/1979 e 71/1987), rivestendo per la stessa un ruolo secondario.
La finalità di tale disposizione è la salvaguardia della detrazione dell’Iva operata sugli acquisti di beni e servizi utilizzati pressoché esclusivamente nel compimento di operazioni imponibili o assimilate, evitando che le richiamate operazioni marginali, che non rientrano nell’attività propria del soggetto passivo, possano incidere negativamente sul pro-rata di detrazione (Mercedes Benz Italia causa C-378/15/2014, Cassazione, ordinanza 23811/2017).
In tale contesto, al fine di verificare se una determinata operazione esente (nel caso in esame ex comma 1, n. 6, articolo 10 del Dpr 633/1972) debba essere computata ai fini del pro-rata, occorre verificare (risoluzione 41/E/2011) la rilevanza degli acquisti di beni e servizi assoggettati a Iva e riferibili a tali operazioni. Qualora, per la realizzazione delle menzionate operazioni venga previsto un impiego contenuto o trascurabile di beni e servizi soggetti a Iva, tali operazioni devono essere escluse dal calcolo del pro-rata in quanto marginali, indipendentemente dalla loro incidenza nel volume d’affari complessivo del contribuente.
L’estromissione dal conteggio del pro-rata delle operazioni di carattere marginale, ai sensi del comma 2, articolo 19-bis del Dpr 633/1972, va certamente realizzata facendo riferimento alle operazioni attive effettuando, tuttavia, anche un’analisi sostanziale delle operazioni passive confrontando il risultato che si ottiene, nell’ambito dell’Iva indetraibile, comparando il pro-rata fisico di cui al comma 4, articolo 19 del Dpr 633/1972 con il pro-rata matematico disciplinato dal successivo comma 5.
Qualora la sproporzione tra il secondo metodo di calcolo e il primo risulti essere lampante, le operazioni esenti di cui si tratta devono essere reputate di carattere marginale e, di conseguenza, devono essere escluse dal calcolo matematico facendole confluire nel conteggio fisico, in ottemperanza alla regola per la quale la metodologia applicata per la definizione dell’Iva detraibile deve permettere «una più precisa determinazione del diritto a detrazione dell’Iva assolta a monte rispetto a quella derivante dall’applicazione del primo metodo» (Wolfgang und Dr. Wilfried Rey causa C-332/14/2016 e Cassazione, sentenza 7654/2017).
Pertanto, al fine di verificare se una determinata operazione attiva rientri nel conteggio del “pro rata”, è necessario fare riferimento all’attività prevalente concretamente svolta dall’impresa e, in tale contesto, assume rilevanza la presenza di una contabilità separata, l’ammontare dei ricavi derivanti da una attività rispetto a quelli generati dall’altra e, infine, la verifica degli acquisti di beni e servizi utilizzati per le due attività, al fine di garantire una puntuale determinazione del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte rispetto all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi per l’esecuzione di operazioni esenti dall’imposta.