I soggetti Iri rischiano di ricadere nell’Irpef
Il particolare legame tra l’accertamento sulla società «a ristretta base» e quello sul socio influisce in modo rilevante sul procedimento, con particolarità che non sempre trovano orientamenti univoci in giurisprudenza.
In primo luogo, va ricordato che la Cassazione non ritiene applicabile a questa fattispecie l’istituto del litisconsorzio necessario (articolo 14 del Dlgs 546/1992), ritenuto inevitabile sia per i soci delle società di persone (Sezioni unite, sentenza 14815/2008), sia per le Srl che hanno optato per il principio di trasparenza ex articolo 116 del Tuir (pronunce 9751/2017 e 24472/2015).
Sembra pacificamente applicabile, invece, l’importante principio secondo cui, sussistendo un «rapporto di pregiudizialità necessaria» che lega il procedimento relativo al socio a quello relativo alla società, il primo deve essere sospeso (in base all’articolo 295 del Codice di procedura civile e dell’articolo 39, comma 1-bis, del Dlgs 546/1992), in attesa che diventi definitivo il secondo.
Naturalmente, ove l’illegittimità dell’accertamento sulla società (per questioni sostanziali e non meramente “di rito”) sia giudizialmente statuita in via definitiva, ciò non potrà che travolgere l’accertamento sul socio, mentre non appare vero il contrario, essendo quest’ultimo ammesso a dimostrare, come già visto, la sua estraneità alla presunta distribuzione del maggior reddito imputato alla società.
La Cassazione, diversamente da alcune commissioni di merito, non ritiene che la validità dell’accertamento rivolto al socio sussista solo in presenza di un accertamento resosi definitivo verso la società, anche perché il trascorrere del tempo legato ai vari gradi di giudizio renderebbe quasi sempre impossibile agire nei confronti del socio (da cui la preferenza per l’istituto della sospensione del processo).
Un aspetto poco presente nelle sentenze riguarda il diritto di difesa del socio, che generalmente riceve un avviso di accertamento in cui «l’atto presupposto» (ossia quello notificato alla società, spesso preceduto da atti di constatazione di cui egli ignora l’esistenza) è solamente richiamato con scarna motivazione. Trattandosi di socio di capitale (talvolta addirittura ex socio), in particolare se di minoranza, pare assai difficile che egli possa contrastare nel merito la pretesa originaria, con conseguente limitazione difensiva.
I riflessi sulla flat tax
Tutti questi aspetti si riproporranno a breve per il regime dell’imposta sul reddito d’impresa (Iri), introdotto dall’articolo 1, commi 547 e 548, della legge 232/2016, nei confronti del quale il legislatore non ha ritenuto di disciplinare le fasi riguardanti l’accertamento e il contenzioso.
Una delle caratteristiche di questo regime, infatti, è il collegamento tra la tassazione personale degli utili prelevati dai soci e la deducibilità di tali somme in capo alla società («nei limiti del reddito dell’esercizio e dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata e non ancora prelevati»: articolo 55-bis, comma 3 del Tuir). Ne consegue che, ove venisse ritenuta operante la presunzione di distribuzione «da ristretta base», si azzererebbe la pretesa Iri in favore di quella Irpef, con conseguenti dubbi su aspetti talmente rilevanti (sanzioni, litisconsorzio, onere probatorio, e così via) che non pare possano restare senza una copertura normativa.