Il conferimento in società di un’immobile con mutuo è compravendita
Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro la stipula da parte di una società di un mutuo ipotecario e il successivo conferimento dell’immobile gravato da ipoteca in un’altra società è riqualificabile dall’amministrazione in compravendita. Intanto, anche laddove non intervenga la successiva cessione delle quote della società conferitaria, gli effetti giuridici dell’operazione non possono desumersi soltanto dall’interpretazione dei patti negoziali dell’atto sottoposto a registrazione senza la valutazione ulteriore dei negozi giuridici precedenti e successivi. Poi, ai fini della riqualificazione dell’operazione in compravendita non osta neppure che l’imposta di registro sia formalmente un’imposta d’atto. Infine devono essere rispettati i principi di ragionevolezza e capacità contributiva in quanto l’imposta di registro deve comunque essere sempre corrisposta sulla base della complessiva operazione economica realizzata. Così la Cassazione n. 4589-2018 (Pres. De Masi, Rel. Delli Priscoli) depositata ieri.
Il conferimento immobiliare
Ad una Sas e al suo socio accomandante l’Amministrazione notifica un avviso di rettifica e liquidazione a seguito del conferimento, in un’altra società neo costituita, di un immobile. Secondo l’Amministrazione, ai fini dell’imposta di registro dovuta, dal valore dell’immobile, pari a 601mila euro, è stato decurtato il valore del mutuo ipotecario di 600mila euro acceso pochi mesi prima del conferimento e dunque l’imposta è stata corrisposta su un valore di soli mille euro. L’intera operazione è però riqualificabile in base all’articolo 20 del Dpr 131 del 1986 quale compravendita immobiliare.
Il ricorso introduttivo
Entrambi i contribuenti si oppongono ante la Ctp. In primo luogo, il valore del mutuo, in base all’articolo 50 del Dpr 131/1986 che stabilisce la tassabilità dei beni immobili al netto delle passività correlate, è stato correttamente decurtato da quello dell’immobile poi conferito. Non è dunque possibile riqualificare l’atto quale compravendita in quanto l’interpretazione degli atti deve essere testuale e non può riferirsi a vicende estranee. In secondo luogo, non essendoci stata la successiva cessione delle quote della conferitaria non può neppure ritenersi integrata l’elusione fiscale trattandosi, a tutto concedere, di lecito risparmio d’imposta per l’uso legittimo di uno strumento giuridico.
La costituzione in giudizio
L’Amministrazione resiste. Intanto non conta che ai fini dell’imposta di registro il valore sia stato conteggiato correttamente. Il conferimento è riqualificabile in compravendita in quanto il negozio realmente voluto dalle parti era il trasferimento di proprietà a titolo oneroso di un immobile. Poi risulta altresì ininfluente la mancata cessione successiva delle quote della conferitaria.
La sentenza
I giudici di merito sposano la tesi dei contribuenti e danno loro ragione costringendo così l’Amministrazione ad andare in Cassazione. E la Corte, escludendo preliminarmente in via incidentale l’applicabilità alla fattispecie esaminata della novella recata dall’articolo 1, comma 87, lettera a) della Legge 205/2017 per la sua natura innovativa, in grado di non potere dispiegare efficacia retroattiva, cassa la sentenza impugnata.
In materia di imposta di registro, laddove sussista un collegamento negoziale fra mutuo ipotecario e conseguente conferimento ad una società dell’immobile su cui grava l’ipoteca relativa all’erogazione del predetto finanziamento, anche in assenza della successiva cessione delle quote societarie della conferitaria il giudice tributario non può interpretare l’articolo 20 del Dpr 131/1986 ritenendo di potere desumere gli effetti giuridici dell’operazione unicamente dall’interpretazione dei patti negoziali contenuti nell’atto sottoposto a registrazione astenendosi dalla valutazione degli altri negozi giuridici precedenti e successivi.
Ciò perché:
a) Egli deve sempre verificare se la complessiva operazione economica possa risultare oggettivamente qualificabile in compravendita, non ostando a tal fine che l’imposta di registro sia formalmente un’imposta d’atto;
b) Nel rispetto dei principi di ragionevolezza e capacità contributiva, deve sempre verificare che l’imposta di registro assolta sia stata comunque commisurata alla complessiva operazione economica realizzata.
Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza 4589 del 28 febbraio 2018