Controlli e liti

Il degrado dell’immobile e la continua manutenzione non bastano a ridurre la rendita catastale

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di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro


Il cattivo stato dell’immobile e il conseguente continuo sostenimento di spese di manutenzione non legittima la riduzione della rendita catastale tramite la procedura Docfa. A precisarlo è la Ctp Como con la sentenza 72/3/2018 ( clicca qui per consultarla ).

La decisione
In primo luogo, a livello normativo, in base agli articoli 15 e seguenti del Dpr 1142 del 1949, la rendita catastale è il reddito lordo attribuibile all’unità immobiliare, previa detrazione delle spese di manutenzione e riparazione originariamente attribuite. Quindi essa stessa è, per definizione, caratterizzata dall’invarianza nel corso del periodo di vigenza degli estimi, e quindi non risente delle spese sostenute in itinere, ossia durante la “vita” del bene. In secondo luogo, così come previsto dall’articolo 1, comma 244, della legge 190 del 2014 (legge di Stabilità 2015), per determinare il valore del bene, è corretto l’utilizzo del «metodo del costo», precisato dalla circolare 6 del 2012. Tanto più la rendita non va ridotta se la stessa perizia di parte attribuisce all’immobile un valore di oltre il doppio di quello indicato nella rendita.

La vicenda
Nel caso in esame, una Srl proprietaria di un immobile di categoria D, che ritiene essere in stato di degrado, ha presentato istanza di rettifica della rendita tramite procedura Docfa nel dicembre 2015 ove propone un valore di oltre 6mila euro. L’agenzia del Territorio ritiene la rendita proposta non congrua e modifica il valore proposto in oltre 15mila. La variazione di rendita viene impugnata dalla società, che sostiene la bontà della propria valutazione e deposita perizia di parte. Ma secondo l’Amministrazione resistente è legittima nella valutazione il criterio del costo e la rendita indica reddito “lordo” caratterizzata da invarianza nel tempo e che su essa non incidono i costi di manutenzione sia ordinaria sia straordinaria.

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