Imposte

Il Fisco punisce i patti di famiglia: limiti all’esenzione d’imposta

Per la risposta a interpello 552/2021 all’agevolazione non bastano i due requisiti di legge

ADOBESTOCK

di Angelo Busani

La trasmissione di quote di partecipazione al capitale di società mediante donazione, patto di famiglia o successione ereditaria può beneficiare dell’esenzione da imposta di successione e donazione (ex articolo 3, comma 4-ter, Dlgs 346/1990, il Tus, testo unico dell’imposta di successione) solo se si tratta di una società che abbia il «controllo» (diretto o indiretto) di una «azienda familiare».

In mancanza del requisito della «indispensabile presenza...di un’azienda di famiglia», «l’applicazione dell’agevolazione» «violerebbe la ratio» della norma che la dispone in quanto solo «i trasferimenti di partecipazioni di società che detengono il controllo dell’attività d’impresa possono fruire dell’esenzione in parola, poiché consentono al beneficiario della donazione di continuare a detenere, seppur indirettamente, il controllo dell’azienda familiare».

La risposta a interpello 552 del 25 agosto 2021 liquida, con queste poche parole, il tema dei presupposti applicativi dell’esenzione di cui all’articolo 3, comma 4-ter, Tus, ravvisati insussistenti nel caso esaminato, inerente alla trasmissione, mediante un patto di famiglia, dell’intero capitale sociale di una Srl (a unico socio) avente come unico asset il 20% di un’altra Srl, proprietaria dell’intero capitale sociale di una Spa “operativa”. La negazione dell’agevolazione deriva dunque dall’osservazione che la società le cui partecipazioni avrebbero dovuto essere oggetto di un patto di famiglia non aveva il controllo della società operativa.

La ratio della norma

È la prima volta che l’Agenzia, per applicare l’agevolazione dà rilevanza alla composizione del patrimonio della società oggetto di donazione, patto di famiglia o successione ereditaria. Fino a ora, nei documenti di prassi erano stati indagati i presupposti del bonus previsti dalla norma e mai erano state svolte riflessioni discendenti non dal tenore letterale della norma ma dalla sua ratio.

Questo atteggiamento del Fisco non appare condivisibile. Ogni norma ha una sua ratio che senz’altro concorre alla sua interpretazione. Quando però si tratta di una norma agevolativa si ha a che fare con una norma eccezionale; e pressoché quotidianamente la Cassazione e le Entrate ci rammentano che le norme eccezionali vanno lette con uno spirito di “stretta interpretazione” (quindi, senza applicarle per analogia, ma anche senza dover subire limitazioni, che il legislatore non indica, per il beneficio che dispongono).

Se la norma in questione connette l’agevolazione al ricorrere di due soli presupposti (il trasferimento del 50,01 per cento del diritto di voto in assemblea ordinaria e il mantenimento del controllo da parte del beneficiario per almeno 5 anni), non pare plausibile limitare l’applicabilità dell’esenzione in ragione della composizione del patrimonio della società le cui quote di partecipazione sono oggetto di trasmissione per donazione, patto di famiglia o successione ereditaria.

Nessuno nega che la ratio della norma sia quella di favorire la trasmissione inter-generazionale delle realtà aziendali. Ma se il legislatore ha inteso concedere questo favore dettando solo i due predetti presupposti, significa che ha voluto favorire un più ampio perimetro di trasmissioni a titolo gratuito rispetto a quelle strettamente aventi a oggetto quote di partecipazione in società che, a loro volta, abbiano il controllo di un’azienda.

D’altronde, se così non fosse, non potrebbe aversi l’agevolazione, ad esempio, nel caso del trasferimento dell’intero capitale sociale della holding proprietaria del 30% di azioni di una società quotata (pacchetto che controlla di fatto la partecipata). Esclusa anche la holding che fosse proprietaria di una ampia pluralità di quote di minoranza qualificata in altrettante società partecipate. Ancora, se due fratelli (Tizio e Caio) governassero la loro società operativa il cui capitale sociale fosse attribuito per il 50% a una Srl appartenente per intero a Tizio e per il 50% appartenente per il 50% a Caio, nessuno di essi potrebbe avvalersi dell’agevolazione di cui all’articolo 3, comma 4-ter, Tus, se trasmettesse il capitale della propria Srl ai suoi figli. E si potrebbe continuare a lungo.

Il ruolo della Consulta

Un’ultima considerazione riguarda il fatto che la Risposta 552/2021 appoggia la sua conclusione alla sentenza della Corte costituzionale 120/2020, nella quale si è bensì analizzata la ratio dell’agevolazione in commento, ma con riferimento a tutt’altra questione, vale a dire il sospetto di incostituzionalità – poi rigettato dalla Consulta – della norma quando essa limitava (ora è stata modificata) il beneficio fiscale alla trasmissione tra genitori e figli e non tra coniugi. Nella sentenza non si è minimamente parlato dei presupposti che la legge richiede per concedere l’agevolazione. Quindi, è un ragionamento abusivo quello di discendere da tale sentenza argomenti a favore delle conclusioni cui la risposta 552/2021 giunge.

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