Il flop della voluntary reclama un restyling
Si avvicina la scadenza del 31 luglio ma la voluntary bis non decolla. Le modifiche apportate dalla manovrina , come testimonia anche il sondaggio del Sole 24 Ore del 29 maggio scorso, non soddisfano gli addetti ai lavori e se non si mette mano seriamente alla procedura prorogandone la scadenza l’obiettivo di recupero di 1,6 miliardi stimato dal governo non potrà mai essere raggiunto.
La manovrina prevede la possibilità di scomputo delle imposte pagate all’estero, peraltro solo per i redditi da lavoro, quando questa possibilità invero spetterebbe per tutti i redditi e senza necessità di modifica normativa, dato che il diritto discende dalle sovraordinate disposizioni convenzionali. Anche l’altra modifica della manovrina, che concerne gli esoneri dichiarativi per Ivie e Ivafe e le riduzioni sanzionatorie per evitare che una autoliquidazione errata porti a sostenere oneri addirittura maggiori di chi resta inerte, non può certo ritenersi di grande appeal.
Occorrono interventi più incisivi. Va modificata la procedura di regolarizzazione domestica dei contanti (tra i 100 e i 150 miliardi di euro di banconote in giro per l’Italia, una cifra spaventosa). Occorre introdurre una forfettizzazione degli imponibili (non delle imposte) basati su indicatori comunemente utilizzati negli accertamenti e prevedere un periodo di “deposito” delle somme presso una fiduciaria iscritta al registro di cui al 106 Tub anche post procedura. Così si tengono sotto monitoraggio gli impieghi dei fondi, non solo la loro origine. La modifica va accompagnata con la previsione di agevolazioni in caso di destinazione temporanea delle somme ad opere di interesse pubblico (lo strumento potrebbe essere il social bond) e/o di una super Ace per chi dovesse reinvestire i soldi regolarizzati in azienda. Misure sul corso della moneta (anche se qui il compito non è del legislatore nazionale) e incentivi come la previsione di deduzioni fiscali in dichiarazione dei redditi per chi paga con moneta elettronica sarebbe poi un perfetto complemento. A chi sostiene che tale procedura possa favorire l’emersione di soldi “sporchi” è facile replicare che, anche se il rischio non può essere escluso in radice, è sempre meglio avere denaro tracciato che enormi somme fuori controllo.
Altra modifica efficace potrebbe riguardare l’estensione della inoperatività del raddoppio di sanzioni e periodi in caso di attività detenute in Paesi che hanno “concluso” accordi sullo scambio di informazioni fiscali con l’Italia prima del 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del Dl 193/2016 ), ma la cui entrata in vigore sia successiva a questa data, come Panama. Ancor più efficace invero sarebbe una modifica più generale che estenda il beneficio ai Paesi che comunque abbiano adottato una qualche forma di scambio di informazioni di matrice Ocse (si pensi ai Paesi black list che figurano tra gli early adopter del Crs).
Altri incentivi alla voluntary possono poi verosimilmente giungere da attività del tipo di quelle descritte sul Sole 24 Ore di ieri, dove si riportava che l’agenzia delle Entrate sta lavorando su una lista di 13mila persone “sospette” di essere ancora in possesso di asset esteri non regolari e sulle prime richieste di scambio di informazioni di gruppo verso Svizzera, Montecarlo e Liechtenstein. C’è poco tempo, occorre mettere mano alla procedura.