Controlli e liti

Il giudice può dichiarare subito estinte le liti oggetto di condono

Il provvedimento al deposito della domanda di definizione. Un giudizio estinto si può riaprire con provvedimento di diniego di condono

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di Filippo D'Aquino

La legge 197/2022 ha introdotto per i contribuenti una nuova definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti (articolo 1, commi 186–205), come già avveniva per i precedenti condoni (articolo 6 Dl 119/2018; articolo 11 Dl 50/2017; articolo 16 legge 289/2002).

L'intento del legislatore è quello di incidere sul contenzioso tra fisco e contribuenti, intercettando quelle controversie che, essendosi già risolte positivamente per il contribuente in un grado di giudizio, potrebbero rimanere escluse dalla rottamazione delle cartelle.

Il legislatore ha mantenuto l'impostazione dell'articolo 6 Dl 119/2018, graduando l'importo da versare all'Erario in funzione dell'andamento del contenzioso. In questo modo si incentiva il contribuente a definire le liti che lo abbiano visto vittorioso – in tutto o in parte - in uno o più gradi di giudizio, disincentivando, invece, le definizioni che si sarebbero risolte in un vantaggio per quei contribuenti che si sarebbero già visti rigettare la domanda. Continuano a rimanere escluse (tra le altre) le controversie che riguardino risorse proprie tradizionali dell'Unione (tra cui i dazi doganali) e l'Iva all'importazione, nonché le controversie relative alla confisca di cui all'articolo 301 Tuld, mentre sono definibili le relative sanzioni (si veda circolare agenzia Dogane Monopoli 14 marzo 2023, n. 9/23).

Come per la precedente definizione agevolata, il giudizio non viene sospeso né all'entrata in vigore della disciplina, né per adesione del contribuente alla stessa, ma solo all'atto della “richiesta” che il contribuente faccia all'organo giurisdizionale adito. In questo caso, il giudizio entra in fase di quiescenza, beneficiando di una sospensione legale che si aggiunge alle ipotesi già previste dal processo tributario (articolo 39 Dlgs 546/1992) e (quanto al giudizio di Cassazione) dal codice di rito (sospensione per pregiudizialità e su accordo delle parti).

Il legislatore ha mantenuto l'impostazione secondo cui la definizione si “perfeziona” per effetto dell'inoltro in via telematica della “domanda” di condono (una per ogni atto impugnato) presso le Agenzie, corredata del pagamento dell'importo, ovvero della prima rata in caso di importi superiori a mille euro; in caso di sanzioni collegate al tributo non è dovuto alcun importo (articolo 1, comma 191) e basta la sola domanda.

Il condono rimane, quindi, un fenomeno di diritto sostanziale, legato a una “domanda” del contribuente all'Ufficio che attua, come si è osservato, un diritto potestativo del contribuente all'avvio di un procedimento amministrativo.

Vi è, tuttavia, una differenza tra l'ultima definizione agevolata e le precedenti.

Le precedenti norme (da ultimo l'articolo 6, comma 10 Dl 119/2018) prevedevano che, all'atto del deposito della domanda del contribuente, iniziasse a decorrere un ulteriore periodo di sospensione (dalla data di presentazione della domanda sino al 31 dicembre 2020) che si saldava al precedente (dalla richiesta del contribuente al deposito della domanda). In questo lasso di tempo il contribuente poteva vedersi definire la propria domanda tacitamente, ove nessuno avesse fatto istanza di trattazione entro il termine (articolo 6, comma 13, Dl 119/2018), salva la possibilità per l'amministrazione finanziaria di negare espressamente la definizione entro il termine del 31 luglio 2020.

L'attuale disciplina prevede, invece, che la definizione delle controversie può essere subito disposta dal giudice presso cui pende la controversia (articolo 1, comma 198).

All'atto del deposito della domanda di definizione, il giudice della causa può emettere un provvedimento di estinzione del giudizio - ulteriore rispetto a quelle di diritto comune (articolo 391 Codice procedura civile), nel solco di quanto prevede il processo tributario (articolo 46 Dlgs 546/1992) - sia con provvedimento monocratico (decreto presidenziale), sia (novità indotta dalla prassi) con ordinanza collegiale ove sia già fissata la data della decisione. Va ricordato che le Agenzie sono tenute a comunicare la liste delle cause agevolabili.

Il provvedimento giudiziale di estinzione non attiene solo ai presupposti processuali dell'avvio del procedimento di condono (per esempio, versamento della prima rata), ma si estende anche la sussistenza dei presupposti sostanziali (legittimazione, tributi agevolabili, importi e così via). Nella misura in cui la norma anticipa (anche se in relazione alle sole ipotesi in cui sussistano i presupposti per il condono) la valutazione amministrativa sui presupposti del condono, spostandola sul giudice, essa costituisce condivisibile attuazione del principio di ragionevole durata del processo.

Il legislatore non ha, peraltro, abbandonato la tradizionale definizione “amministrativa”, in quanto le Agenzie possono opporre diniego entro il termine del 31 luglio 2024. In questo caso il contribuente, per evitare il consolidamento del provvedimento di diniego, dovrà impugnarlo nel termine di 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento, la cui decisione sarà, poi, pregiudiziale all'esame del merito della controversia.

Può, quindi, accadere che un giudizio estinto venga “riesumato” da un successivo provvedimento di diniego di condono. In questo caso il legislatore ha, opportunamente, previsto che il contribuente che impugni il diniego di condono impugni anche con revocazione straordinaria - di diritto speciale, essendo già straordinaria la revocazione dei provvedimenti decisori della Cassazione - il precedente decreto di estinzione (articolo 1, comma 201).

È, questo, un singolare caso in cui l'impugnazione di un provvedimento (il decreto di estinzione) viene proposta dalla parte non interessata alla sua impugnazione (il contribuente), ma che si rende necessaria per evitare un potenziale contrasto tra il provvedimento di estinzione del processo (che comporterebbe il passaggio in giudicato della sentenza di merito pronunciata nel giudizio estinto) e l'eventuale provvedimento di accoglimento dell'impugnazione.

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