Controlli e liti

Il giudice valuta l’idoneità del piano e l’attestazione

di Patrizia Maciocchi

In caso di proposta di concordato preventivo in continuità aziendale, il giudice può valutare l’inidoneità del piano e dell’attestazione del professionista riguardo ai singoli punti. La Cassazione, con la sentenza 4915, annulla la sentenza della Corte d’appello che aveva dato una lettura troppo restrittiva del potere del giudice di esprimersi sulla fattibilità del piano.

Nel caso esaminato si trattava di un concordato in continuità aziendale basato su tre punti. La “salvezza” della Spa passava per la riorganizzazione del sistema produttivo attraverso la costituzione di un gruppo societario tra la società che aveva avanzato la proposta di concordato e tre società di nuova costituzione; la riduzione del costo del lavoro e delle procedura di mobilità e la stipulazione di una joint venture con un gruppo del Quatar previa costituzione di una società di capitali sul posto.

Il tribunale aveva “bocciato” la proposta considerando incerta la costituzione delle nuove società e dunque non concretamente fattibile il programma.

Altre lacune evidenziate riguardavano, la mancata indicazione delle risorse necessarie per l’acquisto delle partecipazioni, la “fumosità” dei rapporti tra la società madre e le costituende e l’incertezza sulla disponibilità dei mezzi finanziari. Inoltre era vago anche l’apporto della “fallenda” alla società situata in Quatar, probabilmente limitato solo al conferimento di know how senza immissione di denaro.

Problemi che non avevano trovato risposta nell’attestazione del professionista e che avevano portato il tribunale a censurare la proposta.

Un verdetto ribaltato dalla Corte d’appello, secondo la quale il giudice era andato oltre il suo potere, non limitandosi a valutare i presupposti giuridici, ma esprimendosi sul rischio che l’operazione non andasse a buon fine e dunque su un aspetto riservato ai creditori. La Cassazione non è d’accordo e ricorda che il giudice ha il dovere di esercitare un controllo di legittimità senza che l’attestazione del professionista gli precluda di sindacare la fattibilità.

Il controllo comprende necessariamente anche un giudizio di idoneità «che va svolto rispetto all’assetto di interessi ipotizzato dal proponente in rapporto ai fini pratici che il concordato persegue».

La Suprema corte nega che sia possibile porre come premessa al giudizio una netta separazione tra il controllo di fattibilità giuridica astratta, sempre consentito, e un controllo di fattibilità economica sempre vietato. Per i giudici della prima sezione non è affatto vero che il controllo di fattibilità economica sia in sé vietato, perché è sempre sindacabile la proposta concordataria non plausibile. Riservata ai creditori è solo la valutazione di convenienza di una proposta plausibile rispetto all’alternativa fallimentare, oltre che, ovviamente, la specifica realizzazione della singola percentuale di soddisfazione per ciascuno di essi. Per la Cassazione il Tribunale non aveva superato il limite del suo potere.

Cassazione, I sezione civile, sentenza 4915 del 27 febbraio 2017

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