Imposte

Il limite alle cessioni costringe gli intermediari a rivedere i piani finanziari

La riforma è stata pensata per arginare le frodi ma crea grandi incertezze

di Valerio Vallefuoco

Il decreto Sostegni ter approvato dal Consigli dei ministri del 21 gennaio introduce una rilevante norma di modifica degli articoli 121 e 122 del decreto legge 34/2020 (Dl Rilancio), in materia di opzione per la cessione o per lo sconto in fattura, in luogo delle detrazioni fiscali e di cessione dei crediti d’imposta riconosciuti da provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza da Covid-19, escludendo la facoltà per il soggetto che ha già acquistato il credito di cederlo ulteriormente.

Questo ulteriore intervento urgente è probabilmente derivato dalle indagini sulle rilevanti frodi degli ultimi giorni che hanno determinato l’intervento della magistratura penale, con dei sequestri in tutta Italia dei crediti fiscali.

Il Governo ha così, di fatto, voluto inibire tutte le cessioni dei crediti successive alla prima. Pertanto, per le agevolazioni previste dall’articolo 121, in caso di sconto in fattura e successiva cessione da parte dell’impresa che ha effettuato i lavori ad un istituto di credito o ad un altro intermediario finanziario, quest’ultimo non potrà più ulteriormente cedere il suo credito.

La nuova normativa prevede inoltre che i crediti che alla data del 7 febbraio 2022 siano stati già oggetto di (i) sconto in fattura e successiva cessione, oppure (ii) di cessione da parte dell’originario beneficiario della detrazione, possano costituire oggetto esclusivamente di una ulteriore cessione ad altri soggetti, compresi banche e altri intermediari finanziari.

A corollario di queste regole, il nuovo decreto prevede la nullità civilistica dei contratti conclusi in violazione delle disposizioni ora analizzate. La forte limitazione alla circolazione dei crediti introdotta si richiama ad alcuni comportamenti anomali antiriciclaggio già segnati dall’Uif (l’Unità di informazione finanziaria, istituita presso la Banca d’Italia) e non mancherà di riverberare effetti sull’eventuale contestazione del concorso in frode.

Bisogna però evidenziare che l’esigenza di arginare il fenomeno delle frodi, fatte da pochi soggetti senza scrupoli e facilmente identificabili ed evitabili (se vengono applicati correttamente i presidi antiriciclaggio), potrebbe compromettere la fattibilità e l’appetibilità dell’acquisto dei crediti fiscali. Gli effetti di questa norma, infatti, andranno inevitabilmente a determinare un gravoso nuovo vincolo per i cessionari, con rilevanti potenziali effetti negativi sul mercato dei crediti fiscali.

I cessionari potranno, pertanto, utilizzare il credito solo in compensazione in F24. Si andrà perdendo, quindi, l’attuale flessibilità normativa, che consentiva di cedere il credito nel caso in cui fosse venuta meno la capienza fiscale.

Gli effetti parzialmente retroattivi rendono più grave la penalizzazione per le acquisizioni di crediti pregresse, minando sempre di più l’ormai più volte violato principio di irretroattività e certezza del diritto tributario.

L’intervento così congegnato andrà, quindi, a stravolgere anche i piani finanziari degli intermediari, che avevano precedentemente sicuramente contemplato anche l’ipotesi di ulteriore cessione. Non mancheranno, quindi, contenziosi rilevanti sul punto. Ci si aspettano dei miglioramenti ed emendamenti in sede di conversione, che comprendano l’esigenza di tutela dalle frodi, aumentando magari i controlli antiriciclaggio, ma che ristabiliscano anche maggiore certezza al diritto del credito tributario.

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