Il medico con base in Italia paga (anche) l’Irpef
Il medico residente in Svizzera che dispone di una “base fissa” a Milano per l’esercizio della professione paga le imposte sui redditi (anche) in Italia, con possibilità di scomputarle dalle imposte elvetiche. Così si è espressa l’agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 429/2019 di ieri nel caso di un cittadino italiano che ha trasferito la propria residenza a Lugano insieme alla famiglia ed esercita l’attività di medico ortopedico con partita Iva italiana nei confronti di clienti privati nel nostro Paese. Il quesito posto riguarda il corretto regime fiscale del reddito prodotto in Italia, anche in considerazione delle norme previste dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra i due Paesi.
Per determinare la residenza fiscale delle persone fisiche, occorre fare riferimento all’articolo 2, comma 2, Tuir, in base al quale si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Queste tre condizioni sono alternative e, al ricorrere anche solo di una di esse, la persona fisica viene considerata fiscalmente residente in Italia. Peraltro, ai sensi del successivo comma 2-bis, si considerano comunque residenti, salvo prova contraria, anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti nei Paesi a regime fiscale privilegiato individuati dal decreto 4 maggio 1999, tra cui risulta (ancora e sorprendentemente in virtù degli accordi internazionali) la Svizzera. La norma citata introduce, quindi, una presunzione legale relativa che pone a carico dei contribuenti italiani trasferiti l’onere probatorio circa lo status di residente ai fini tributari (cfr. circolare 140/1999).
Nel caso di specie, secondo l’Agenzia, il medico potrebbe quindi continuare ad essere assoggettato ad imposizione in Italia sul reddito complessivo. Diversamente, ove fosse provata la sua effettiva residenza in Svizzera (e certamente il trasferimento della famiglia va in questa direzione), solo il reddito derivante dall’attività professionale esercitata in Italia sarebbe soggetto a tassazione nel nostro Paese. In questo contesto, scatta però l’applicazione dell’articolo 14 della Convenzione che si occupa dei redditi di lavoro autonomo. La norma prevede una potestà impositiva esclusiva dello Stato di residenza (in specie la Svizzera), a condizione che il professionista non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente (l’Italia) di una base fissa per l’esercizio dell’attività. Caso, quest’ultimo, in cui si applica la tassazione concorrente che consente anche allo Stato della fonte (l’Italia), oltre che allo Stato di residenza (la Svizzera), di tassare i redditi attribuibili alla base fissa.
Ne consegue che ai compensi del professionista, se erogati da un sostituto d’imposta, dovrà applicarsi la ritenuta d’acconto nella misura del 20 per cento. Assumendo che anche la Svizzera tassi i redditi del medico, la doppia imposizione dovrà naturalmente essere eliminata mediante il riconoscimento di un credito d’imposta in Svizzera per le imposte italiane.
Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 429/2019